Macalli: «Certi presidenti inquinano il calcio»

ROMA
«Chiediamo alla Federcalcio delle norme per impedire a determinate persone di inquinare il nostro mondo. Non le voglio più vedere, bisogna fare la massima pulizia a fine campionato, la moneta cattiva va scacciata per mantenere quella buona. Queste persone rovinano l’immagine di una Lega (la Lega Pro, ndr) che ha comunque almeno 60 presidenti su 76 che sono dei virtuosi e possono definirsi dei benefattori».
È l’appello rivolto dal presidente della Lega Pro, Mario Macalli al presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, nel corso dell’intervento al convegno sul futuro delle società organizzato dalla Lega Pro a Roma.
«Abbiamo esigenze completamente diverse dall’avere solo stadi nuovi e comodi. Certo, non vogliamo stadi fatiscenti e per questo è necessario che all’interno della legge ci siano anche le piccole società, non solo le grandissime. Noi siamo per una legge nuova sull’impiantistica sportiva che permetta di togliere problematiche ai club. L’esempio della Juve è calzante: fanno sempre il tutto esaurito e in questo senso lo stadio di proprietà può risolvere problemi di scarsi ricavi», ha proseguito Macalli, che ha poi parlato di esigenze diverse anche per quanto riguarda i contratti dei calciatori e fra queste «l’introduzione della figura dell’apprendistato sportivo». «Il Governo ha intrapreso una strada, quella dell’apprendistato, che è l’unica che può aprire le porte al lavoro giovanile: anche il mondo del calcio deve rinnovarsi e dare la possibilità ai giovani di avere dei primi contratti, che non sono saranno quelli di tutta la vita».
Il presidente della Lega Pro si è anche soffermato sulla questione, ormai risolta con la Lega di A, dei diritti tv. «Non dobbiamo sprecarli - ha concluso - e dobbiamo essere capaci di finalizzare queste risorse perchè non possiamo più gestire il calcio così. Non m’interessa perdere peso politico, le società, poche o tante, devono poter sopravvivere senza l’ansia del fallimento. Bisogna impiegare bene le risorse ricevute perchè non c’è somma che ci possa far vivere altrimenti. Questo fatto mi spaventa, anzi mi terrorizza: i soldi a pioggia non servono, serve un progetto per finalizzare queste risorse».
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