L’Unione non può più sprecare, Gautieri deve dare una scossa

Due secondi tempi troppo timidi anche nella manovra sono costati quattro punti
Le assenze pesano ma dopo due mesi serve un rendimento continuo nei 90’
Alessandro Ligi controlla Aniello Cutolo uno dei migliori giocatori dell’Arezzo
Alessandro Ligi controlla Aniello Cutolo uno dei migliori giocatori dell’Arezzo

TRIESTE È pur sempre vero che i pareggi non sono da buttare neanche da quando la vittoria vale tre punti. I punticini raccolti qua e là alimentano le strisce positive e l’Unione è arrivata a quota quattro. Però ci sono pareggi strappati con i denti e altri con rimpianti. E una squadra come la Triestina, che punta al salto di categoria, non può permettersi più di tanto di rimpiangere occasioni perdute. E stavolta la squadra alabardata, quanto a chance non raccolte, ne ha collezionate due consecutive. Vale la pena analizzarle per comprendere se vi sia una denominatore comune che il lavoro di Gautieri può correggere in corsa.

PARTENZE FORTI Nelle prime partite della stagione la Triestina aveva evidenziato un difetto di approccio del match anche quando erano arrivate le vittorie (per esempio con il Ravenna). Ritmo troppo compassato in avvio e conseguente sofferenza sul pressing avversario soprattutto a centrocampo. Nelle ultime uscite questo trend è cambiato sia per l’atteggiamento dei giocatori ma anche per la presenza di peso e fisicità sulla mediana con l’inserimento di Calvano e il maggior utilizzo di Giorico a discapito di Lodi. Il problema è che sia con la Virtus Verona, così come sabato ad Arezzo, la buona partenza, che ha prodotto un vantaggio nel risultato, è stata vanificata da un secondo tempo interpretato con il freno a mano tirato.

L’IDENTITÀ È come se la Triestina vivesse un processo dissociativo. Sul piano fisico e tecnico è una squadra al top nel girone e Gautieri ha sempre portato avanti l’idea di un gioco propositivo con tante palle-gol create. Così è successo con davanti tre giocatori in linea e meglio ancora contro i toscani utilizzando Petrella alle spalle dei due attaccanti. L’Unione per una mezz’ora, oltre a segnare due gol, ha dominato la squadra aretina. Poi un errore grossolano ha fatto risorgere gli avversari. Ma nella ripresa, forti comunque del vantaggio, era lecito aspettarsi una Triestina dominante sul piano del gioco. E invece gli alabardati non hanno mai tirato in porta.

LA PANCHINA Certo il tecnico può fare poco se Rapisarda passa il pallone all’attaccante avversario ai venti metri. Però un gruppo forte, con ambizioni e ancora in vantaggio ha tutte le carte per presentarsi, almeno in avvio di ripresa, con le idee chiare su come affondare l’avversario o comunque su come non concedergli spazi. E invece la Triestina ha dato l’impressione di voler solo gestire, cosa che peraltro finora non sembra essere nelle sue corde. E se i giocatori hanno questa tendenza è l’allenatore a dover cercare in tutti i modi di correggerli. Magari, come spesso accade, anche con l’utilizzo dei cambi. Potrebbe essere una questione di tenuta atletica ma è più probabile che qualcosa scatti nella testa dei giocatori. La conseguenza è la distanza eccessiva tra i reparti, le giocate non precise in suggerimento e appoggio, la distrazione nella marcatura. Dalla panchina, e questo è un dato da tenere in giusto conto, al momento possono entrare giocatori per diversi motivi in rodaggio. Lo staff sa meglio di tutti quali siano le condizioni del singolo ma la rinuncia a Petrella ispirato per un Boultam con pochi allenamenti nelle gambe è un azzardo (c’è anche Maracchi). Quando saranno recuperati alcuni giocatori importanti (vedi Procaccio e Sarno) l’asticella sarà certamente più alta.

STARE IN SCIA Ma adesso è il momento di non perdere terreno dalle zone alte. Gli ultimi due pareggi, sommati agli scivoloni con Matelica e Legnago non consentono ulteriori distrazioni. Gautieri deve fare leva sullo spirito e sulla predisposizione a creare occasioni costruito a gennaio, proseguito nei play-off e che finora si è visto solo a singhiozzo anche nei momenti d’emergenza. Il campionato è ancora lungo (ammesso che si vada avanti) ma la personalità di squadra, manovriera o concreta che sia, deve già mettere radici e consolidarle partita dopo partita. Altrimenti si rischia la confusione che non è certo la miglior compagna per un gruppo e una società che ha ambizioni.

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