L’ora di Ventura maestro di calcio dalla lunga gavetta

ROMA. A fari spenti, senza proclami nè sponsor, Giampiero Ventura comincia il cammino azzurro che in due anni deve portare la nazionale al Mondiale in Russia.
Come lui non c'è nessuno nella lunga storia azzurra perché il suo profilo di maestro di calcio, con una lunga gavetta nelle serie inferiori e un onesto cabotaggio prima in B e poi in A, non richiama altre esperienze. Non è un leader vincente assoluto come Sacchi, Lippi o Trapattoni, non è un ct federale come Valcareggi, Bearzot, Vicini o Maldini, non è un giovane emergente come Conte nè un ex campione come Zoff o Donadoni.
Perso per strada l’”ombrello” di Lippi, Ventura (che sarà presentato domani a Coverciano) è un uomo solo al comando conscio di pregi e limiti: costa poco, ha una gavetta di 40 anni, sa lavorare con i giovani, predilige un calcio divertente, saprà trarre il meglio da una generazione che ha rari talenti e trova poco spazio. Ma il suo sorriso non tragga in inganno: sa essere esigente e senza peli sulla lingua, è spinto dal sacro fuoco della “libidine” da pallone che a 68 anni lo accompagna in panchina.
In origine a guidare la nazionale c'è una commissione tecnica che resiste fino agli anni '60. Le scintille cominciano nel 1962: dopo il pasticcio cileno viene scelto Mondino Fabbri che vuole creare una squadra indipendente dalla Grande Inte ma il fine corsa è la vergogna coreana del 1966. La Figc opta allora per la scuola dei tecnici di Coverciano: Valcareggi vince l'Europeo, in Messico vive la magia di Italia-Germania 4-3, ma scivola sulla staffetta Mazzola-Rivera. Porta i suoi veterani fino al 1974 dove la nazionale frana. Ultima commissione per ricostruire, con Bernardini che rinnova e lascia a Bearzot, friulano colto, riservato e irascibile: nel 1978 l'Italia incanta, poi vince nel 1982 più forte delle polemiche. Ma anche il “vecio” si affeziona ai suoi eroi e nel 1986 c'è il capolinea. Tocca ai giovani di Vicini: le notti magiche di Italia '90 mettono i brividi ma a Napoli l'Argentina di Maradona passa ai rigori ed è (solo) terzo posto. Nel 1992 parte la rivoluzione culturale di Sacchi e gli azzurri perdono solo ai rigori il mondiale 1994. Palla a Maldini, ultimo baluardo di Coverciano, con la sua decorosa uscita ai rigori con la Francia al Mondiali 1998. Poi, Zoff: brividi con l'Olanda, poi ko finale al golden gol con la Francia e dimissioni dopo le critiche di Berlusconi. Un quadriennio poi per uno dei padri della patria calcistica, Trapattoni. Ma in azzurro non sfonda. È tempo di un altro juventino nato per vincere, Lippi che crea un gruppo corazzato fino al trionfo di Berlino 2006. Poi è piccolo cabotaggio: Donadoni esce ai rigori con la Spagna ai quarti 2008. Il ritorno di Lippi è deludente e poi sprazzi di felicità con gli ultimi due ct figli del campionato, Prandelli e Conte.
Ora tocca a Ventura, l'unico ct con Donadoni non di scuola juventina negli ultimi 20 anni, ma già sarà un'impresa qualificarsi per i mondiali.
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