Italia, un pari che regala solo applausi

Vantaggio con Pellè, replica ospite con Townsend Buon primo tempo, ottimo debutto di Valdifiori
Di Valentino Beccari
31.03.15, Torino, Juventus Stadium, amichevole, ITALIA-INGHILTERRA - nella foto
31.03.15, Torino, Juventus Stadium, amichevole, ITALIA-INGHILTERRA - nella foto

INVIATO A TORINO. E alla fine prevale la ragion di stato e anche quella del cuore. Siamo tutti italiani e non può essere una risonanza magnetica un po’ maldestra ad avvelenare l’orgoglio azzurro. E così l’Italia e il suo ammiraglio Antonio Conte vengono applauditi da una Torino che si ricorda di essere stata capitale e che la Juventus, seppur antica, è nata dopo il Regno di Casa Savoia. E la bella storia sarebbe stata addirittura favola a lieto fine se l’“orco cattivo” inglese non avesse strozzato in gola il “tutti vissero felici e contenti”.

Si conclude quindi in parità Italia-Inghilterra, la “Milano -Sanremo” del pallone, la Divina commedia del calcio (magari su pagine un po’ ingiallite), un’amichevole che amichevole non è per statuto. E stavolta più che mai, più per il temuto fuoco amico che per l’avversario. Temeva infatti l’ingresso nell’arena Antonio Conte che torna sul luogo del delitto. Allo “Juventus Stadium” ha “ammazzato” tre campionati. Non si erano tanto amati il tecnico pugliese trapiantato dal 1991 a Torino e la Vecchia Signora, quasi un matrimonio di interesse. Poi il burrascoso divorzio, le polemiche e le incomprensioni come due ex coniugi rancorosi in disaccordo sugli alimenti e l’educazione dei figli. La vicenda Marchisio (presente in tribuna) sembrava una dichiarazione di guerra, con l’aristocratico John Elkann che condiva col veleno il suo sarcasmo e i tifosi juventini che minacciavano di ricorrere alle armi convenzionali (fischi e cori) per il ritorno di Conte allo Juventus Stadium. E invece è stata festa vera anche se forse c’era qualche spazio di troppo (31.138 paganti) in uno stadio che solitamente entra a gamba tesa e senza poltroncine libere in ogni confronto.

L’Italia “work in progress” allestita da un conte folgorato sulla via di Barletta (per sua stessa ammissione ha imparato molto dalla fiction sulla vita di Pietro Mennea trasmessa nei giorni scorsi in tv ) mette più filosofia e meno frenesia su un manto erboso del quale conosce ogni zolla. Sembra funzionare l’inedita coppia offensiva formata da un brasiliano col passaporto italiano Eder e da un italiano col cognome brasiliano Pellè (peccato per la doppia elle). Ed è proprio l’attaccante pugliese che dopo la lunga esperienza olandese sta facendo fortuna in Premier al Southampton a confezionare la rete del vantaggio correggendo di testa un cross di Chiellini col piede sbagliato (forse è per questo che gli è venuto così bene) .

Non è un’ Italia schizofrenica ma pensante e a illuminarla sono i ragionamenti lucidi e talvolta creativi di Mirko Valdifiori che non viene da Parigi come Verratti ma da Empoli e dimostra che un campo da calcio è uguale in una metropoli come nella provincia toscana.

E bravo anche Roberto Soriano che libera pensieri e traiettorie sinistre che fanno bene alla manovra e mettono due volte Eder davanti ad Hart.

La Nazionale multietnica declina l’aggettivo offensivo con Eder e nella ripresa coniuga il verbo con Vazquez che pare abbia un prozio originario di Vicenza. L’Italia però non riesce a chiudere la partita quando gli inglesi erano in stato confusionale sprecando diverse occasioni con Eder , Pellè e con Immobile che subentra a partita in corso. Negli ultimi venti minuti il ct rivoluziona la squadra perché deve sperimentare ma nel laboratorio dalla provetta esce una formula che sveglia gli inglesi che raggiungono un insperato pareggio con un bel tiro da fuori di Andros Townsend .

C’era una volta Italia-Inghilterra...

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