Il ragazzo irrequieto e il suo giorno più bello
Il favoloso mondo di Mario non è esattamente come quello di Amelie. Non ha gli occhi disincantati di Audrey Tautou, non vive nel pittoresco quartiere parigino di Montmatre e la sua missione non è propriamente quella di rimettere le cose a posto.
Eppure dalla notte di Varsavia anche il piccolo mondo di Mario Balotelli diventa magico e dal sapore quasi antico. L’esultanza con il sorriso e poi lo striptease con i muscoli in primo piano staccano definitivamente la spina da quel ragazzino sfacciato e presuntuoso abile con le freccette e con le auto sportive, irriverente verso la stampa e i compagni, già dedito alla collezione di belle ragazze e multe per eccesso di velocità o che per puro divertimento dà a fuoco alla sua abitazione nella campagna di Manchester.
No, Varsavia consegna all’opinione pubblica un Balotelli figlio del tricolore che ha la sua Africa a Concesio, il paese di 15mila anime nel Bresciano, all’imbocco della Valtrompia dove è cresciuto con i genitori affidatari Franco e Silvia.
Ed è proprio l’abbraccio commovente a fine partita verso la mamma che ha sdoganato definitivamente l’immagine di SuperMario che ammette candidamente di aver vissuto la più bella serata della sua vita.
«E i gol – ha detto – li dedico a mia madre che non è più giovane ma è venuta fino a qui per potermi vedere. Domenica ci sarà anche mio padre è vorrà dire che di gol ne farò quattro».
Forse solo da giovedì sera Mario Balotelli si sente “uno di noi” e non un intruso, di lusso, ma sempre fuori dal gruppo. Del resto il favoloso mondo di Mario parte dal reparto di pediatria dell’ospedale di Bagnolo Mella, nel Bresciano, dove da Palermo si sono trasferiti i genitori ghanesi. La famiglia Barwuah è in serie difficoltà economiche, non riesce a sostenere la crescita del piccolo Mario che così fino ai due anni di vita viene accudito dal personale medico e paramedico dell’ospedale. Poi a tre anni viene affidato ai coniugi Balotelli che fanno crescere Mario in un ambiente sereno assieme ai tre fratelli. Una famiglia semplice di sani principi e il giovane Mario cresce in un clima sereno, protetto, con la giornata che scorre tra la scuola e l’oratorio di Mompiano.
È bravo con i piedi il piccolo Mario e con il pallone riesce a irridere anche gli avversari più grandi di lui. La voce di un talento africano che dribbla come Maradona e tira come Pelè e vive nella campagna bresciana si sparge rapidamente. La società più lesta ad accorgersene è l’Atalanta che convoca il 13enne Mario per un provino.
Il ragazzino ci sa fare: destro, sinistro, colpo di testa. La partitella in famiglia esalta le sue qualità ma anche certe isterie che evidentemente convivono da sempre dentro Mario. E così quando gli viene fischiato un fallo, Balotelli si arrabbia e sputa contro l’arbitro che era poi un membro dello staff tecnico. E così Mario viene rispedito al mittente: la classe viene certificata nella relazione tecnica ma il codice etico della società di Zingonia impedisce il reclutamento del genio ribelle.
Un paio d’anni dopo è addirittura il Barcellona a convocare il giocatore di origine africana. Resta in Catalogna per cinque giorni, supera il provino, ma il Lumezzane, il club dove intanto era andato a giocare, chiedeva troppi soldi. E così Balotelli finisce all’Inter, poi al Manchester City e quindi a Varsavia. Già, la campagna di Polonia regala un Balotelli con il sorriso, finalmente liberato dai cattivi pensieri che si riappropria dei sogni e anche di quei neuroni di cui secondo Mourinho era privo e sulla cui intermittenza giurava anche Mancini, il tecnico che lo ha lanciato a Milano e voluto fortemente a Manchester.
Ma soprattutto consegna un giocatore nato e cresciuto in Italia che sognava la maglia azzurra nell’isola che non c’è della sua stanzetta di Concesio e che però ha potuto indossare solo al compimento del 18° anno a causa delle leggi sull’immigrazione. Perché Mario è italiano dentro, il Ghana è troppo lontano dai suoi pensieri, dal suo mondo, dalle sue idee.
E domani a Kiev si apre la finestra sul salotto più bello dell’Europeo. C’è una finale da giocare che potrebbe proiettare Mario verso la conquista del Pallone d’oro, magari da giocarsi allo sprint con il compagno di squadra Andrea Pirlo.
Già proprio in quella Kiev che nel marzo dello scorso anno lo aveva visto sfortunato protagonista della sconfitta del suo Manchester per 2 a 0 contro la Dinamo. Mario fu penalizzato da un fortissimo attacco allergico all’erba trattata chimicamente dello stadio “Lobanowsky”: la faccia si gonfiò per uno shock anafilattico. Ed è proprio in quell’occasione che i tifosi del City gli dedicarono un coro che è diventato una hit in tutti gli stadi inglesi e che recita più o meno così: «Ooooooo Balotelli, è un attaccante, è bravo a freccette, ha un allergia all’erba, ma quando gioca è un maledetto fuoriclasse, va in giro a Moss Side con un portafoglio pieno di soldi».
Un inno personale che racchiude tutta la “Mario-story” in Inghilterra che si sviluppa tra lanci di freccette ai ragazzi del centro sportivo di Carrington e le migliaia di sterline elargite direttamente ai senza tetto del quartiere di Moss Side. Già, perché in Inghilterra Mario è amato dai tifosi anche per quel suo modo spaccone di porsi. Ma il Balotelli, quello autentico non lo hanno mai visto.
Il copyright spetta allo stadio di Varsavia che ha depositato le vera immagine di un campione e di un ragazzo che è finalmente diventato uomo. Il resto, come ha cantato anche Eugenio Bennato l’altra sera a “Casa Azzurri”, sono solo canzonette.
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