Il Giro da Sanremo a Milano. Ma a far paura è la crono

Niente Sud (o quasi) e nemmeno il Friuli Venezia Giulia. Si sale a Campiglio, poi Mortirolo e Colle delle Finestre
Nauro Quintana
Nauro Quintana

Meraviglie del marketing moderno: il Giro d’Italia 2015 è una corsa a tappe “equilibrata”. Detto in italiano, il Giro d’Italia va – proprio in ossequio a logiche economico-finanziarie – dove lo porta il... denaro. E allora è meglio riconoscere che dal grande lavoro di marketing di Rcs Sport, nei mesi scorsi, è uscita una Corsa Rosa con non tantissima montagna – le tappe davvero in quota sono solo cinque – e con quasi 80 chilometri a cronometro: 17,6 nella prova a squadre che il 9 maggio aprirà la 98esima edizione del Giro e ben 59,2 nella crono individuale Treviso-Valdobbiadene di sabato 23 maggio.

Aggiungeteci un menù da montanari non proprio pesantissimo – l’unica tappa monstre dal punto di vista altimetrico pare la Pinzolo-Aprica del 16 maggio – e avrete il profilo di una corsa che come sempre strizza l’occhio agli scalatori ma lascia aperta una porta a ciclisti più completi, appunto quelli che sanno dare del tu al tic tac del cronometro, ma anche corridori che sanno unire esplosività e resistenza.

Quella presentata al palazzo del ghiaccio di via Piranesi, a Milano, dal direttore della Gazzetta dello Sport Andrea Monti, spalleggiato da Chiara Franchini, è un po’ una classica al contrario: si parte da Sanremo e si arriva a Milano, con sette tappe per velocisti (o presunte tali) e altrettante buone occasioni per i cosiddetti finisseur: gli arrivi di Sestri Levante, La Spezia, Abetone, San Giorgio del Sannio, Imola, Vicenza - Monte Berico e Verbania promettono scintille, quelle che anche nel Giro 2014 hanno preceduto l’ascesa al potere di Nairo Quintana.

La salita vera arriva dopo la cronometro del Prosecco: prima la Marostica-Madonna di Campiglio, dove si sale 15 anni dopo la vittoria e la successiva caduta di Marco Pantani, che in Val Rendena venne fermato per l’ematocrito alto, avvitandosi inesorabilmente su se stesso; poi il riposo a Pinzolo e il tappone con Passo Campo Carlo Magno, Tonale, Aprica, Mortirolo e arrivo ancora all’Aprica. Severa anche la Gravellona Toce-Cervinia, ma la frazione di montagna che forse più delle altre chiamerà i campioni all’impresa è la Saint Vincent-Sestriere, con la Cima Coppi Colle delle Finestre, che decise da solo il Giro 2005, con la fuga verso la vittoria di Gilberto Simoni e il recupero che valse viceversa il successo a Paolo Savoldelli. È una notizia il ritorno a Milano del cosiddetto Grande Arrivo dopo i due anni di “esilio” a Brescia e Trieste: in onore all’Expo 2015, vi diranno gli imbonitori di cui sopra. Con i soldi di Expo 2015, corre l’obbligo di puntualizzare.

Questo offre il menù del Giro d’Italia 2015. Quello che manca è presto detto. Dalla piantina della Corsa Rosa sono scomparsi il Friuli Venezia Giulia – si scioglie così un sodalizio che sembrava dover dare luogo, il prossimo anno, al trittico d’apertura poi dirottato in Liguria – e l’Alto Adige. E suona un po’ strano che siano proprio due territori a statuto speciale a tirarsi indietro. Ma, soprattutto, sparisce quasi del tutto il Sud: il Giro d’Italia si spinge a malapena in Campania (con la Benevento-San Giorgio del Sannio), mentre rimarranno completamente escluse regioni già teatro di splendide tappe come Basilicata, Calabria, Puglia e Abruzzo, per non parlare di Sicilia e Sardegna: se a qualcuno sfuggisse, segnaliamo che le due isole hanno dato i natali agli unici due italiani capaci di fare classifica generale nelle grandi corse a tappe, Vincenzo Nibali (che qualche mese fa ha completato il triplete Vuelta-Giro-Tour) e Fabio Aru, terzo alla Corsa Rosa 2014 e quinto poche settimane fa al Tour de France. Oltre al marketing, forse servirebbe al Giro d’Italia servirebbe anche un po’ di sentimento.
 

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