Il gioco pericoloso della caccia al colpevole

Ciro Esposito



I tifosi sono le fondamenta di qualunque impresa calcistica. A maggior ragione quando si gioca lontano dai riflettori nazionali. I risultati sportivi sono l’ingrediente che esalta questa relazione. In questa stagione calcistica entrambi sono mancati. I tifosi alabardati (quelli veri e non quelli da tastiera) hanno un rapporto viscerale con la loro squadra che ha radici storiche e non solo. Quando nove anni fa l’era Fantinel-Aletti si chiuse con il fallimento furono i tifosi a tenere in vita l’Unione. Misero mano al portafoglio e, con il supporto di questo giornale e con il contributo di oltre mille appassionati, acquistarono il marchio alabardato dal commissario Giovanni Turazza. Di quel marchio sono ancora proprietari e lo hanno consegnato a questa proprietà proprio perché convinti dalla serietà del progetto guidato da un tandem triestino. Ed è anche per questo rapporto stretto che l’amarezza di un’uscita così mortificante dai play-off è profonda, comprensibile e giustificata. E lo stesso sentimento certamente ha coinvolto in questo post-debacle anche Milanese e Biasin che hanno il pregio-difetto di essere prima di tutto tifosi. Il silenzio di questi giorni ha un perché. Meglio far sbollire l’aspetto emotivo per decidere cosa fare. Chi fa sbaglia e le scelte che la società (Milanese) in certi frangenti ha fatto non hanno portato i risultati voluti dal club e dalla piazza. Ma fino a prova contraria tutte le iniziative prese sono state orientate verso il miglioramento di società e squadra. Non per depredare l’Unione come è successo in passato ma sborsando milioni per riportare il club tra i professionisti e soprattutto per ridargli la dignità che merita e che era stata frantumata. Tutti ricorderanno cinque anni or sono i ragazzi delle giovanili che non sapevano dove andare a dormire o mangiare, i ristoranti e gli hotel a respingere la squadra, decine di fornitori a bussare invano alla porta della sede. La dignità vale più di una vittoria. Ebbene le critiche sono sacrosante e servono alla crescita di tutti ma sparare ad alzo zero è ingeneroso oltre che fuorviante. La squadra di quest’anno non ha dato emozioni se non a sprazzi, è uscita male dai play-off, con giocatori che hanno reso al di sotto delle aspettative così com’è stato per la guida tecnica pur di primo livello. Tutto vero specie se ci si focalizza sugli aspetti negativi ma ce ne sono anche altri. La società nei prossimi giorni prenderà le sue decisioni e non sarà insensibile agli input giunti o gridati in questi giorni. È sua la responsabilità non solo della prima squadra ma anche di decine di dipendenti e collaboratori, delle squadre giovanili e dell’indotto. Per fare passi in avanti in ogni campo sarebbe opportuno cercare soluzioni ai problemi prima di scatenare la caccia ai colpevoli. Ma questo è un gioco italico. Un gioco pericoloso. —

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