Il coronavirus uccide Sabia il campione anti-doping

«Basta che non stiate troppo indietro. Poi date il bastone al nonno e a finire il lavoro ci pensa lui». A metà Anni ’80, Donato Sabia era il più giovane nella staffetta delle Fiamme Oro, eppure nessuno dei compagni di squadra ebbe niente da ridire quando, poco prima di una finale, lo sentirono definirsi il «nonno». Troppa era la differenza di talento, di esperienza e di carisma che c’era tra lui e gli altri tre. Piuttosto quella frase sollevò un po’ di stupore: Sabia non era il tipo da autocelebrazioni. Anzi, come ha scritto sui social un altro di quei ragazzi, Angelo Cricchi, oggi fotografo di moda, «in quel mondo di fighetti pieni di sé, lui emergeva per i suoi silenzi».

Donato Sabia se n’è andato ieri all’ospedale di Potenza, ucciso dal Covid che si era già preso suo padre e non ha avuto rispetto dei suoi 56 anni e del suo passato di campione sfortunato e coraggioso. Sfortunato per la serie infinita di infortuni, coraggioso per la capacità di dire no. Al doping e alle ingiustizie, tanto da essere il leader, lui che era timidissimo, del fragoroso «sciopero» della 4x400 azzurra esclusa dai Giochi di Seul.

«Sabia ha vissuto appieno lo scontro impari con quelli che si dopavano e con quelli che dalla federazione erano protetti perché si dopavano – ricorda Sandro Donati, il suo allenatore –. Allora non era facile rifiutare le scorciatoie, tanto più quando si era a un passo dal podio olimpico. È stato un eroe misconosciuto dell’atletica italiana».

Dallo sport non si era mai staccato. Da tecnico aveva portato la nazionale maltese alle Olimpiadi di Sidney («in Italia quel mio “no” me lo hanno fatto pagare», raccontava). Da dirigente aveva presieduto la Federatletica della Basilicata.

Gli annuari celebrano Sabia per due finali olimpiche, un titolo europeo indoor sugli 800 metri e per i suoi record personali ancora eccellenti: 45”73 sui 400 e soprattutto 1’43”88 sugli 800 metri, ottenuto in una memorabile notte fiorentina davanti all’ex primatista mondiale Alberto Juantorena. La memoria lo ricorda per la straordinaria leggerezza della sua corsa e per il suo carattere chiuso capace di improvvise esplosioni di simpatia. —



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