Il bolide Luna Rossa ha un’anima “triestina”

L’ingegner Ledri laureato all’Ateneo di Trieste: «Lo scafo varato a Auckland ha soluzioni aerodinamiche innovative»
Luna Rossa
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TRIESTE Ha preso il mare qualche giorno fa a Auckland la seconda barca del Luna Rossa Prada Pirelli Team, con la quale l’Italia parteciperà dapprima alla Prada Cup (la ex Vuitton), ossia la selezione per gli sfidanti dell’America’s Cup, e quindi – sperabilmente – alle finali contro i neozelandesi previste per marzo. Che la tensione sia già abbastanza alta è dimostrato dal botta e risposta che l’altra mattina ha subito infiammato gli animi dei due team a seguito della decisione dell’Arbitration Panel, che dava ragione agli italiani riguardo a un quesito sull’utilizzo dei campi di gara. Ritornando sul piano maggiormente sportivo, molto è stato rilevato dalla stampa specializzata circa la “nuova” Luna Rossa.

A un occhio poco avvezzo questo secondo scafo, partito dall’aeroporto di Bergamo e immortalato da un ispirato Carlo Borlenghi, riuscito nella magia di trasformare un pacco in qualcosa di lirico, sembra molto simile alla prima barca varata ancora a Cagliari nell’ottobre 2019. Già lo skipper Max Sirena aveva sostenuto che la prima idea progettuale era piaciuta al team, adombrando velatamente che la seconda non si sarebbe discostata troppo dalla prima, ma ciò che è forse più interessante rilevare è quanto le seconde barche anche degli altri sindacati si siano avvicinate al concetto sposato dal Luna Rossa Prada Pirelli Team per il proprio AC75. Va infatti ricordato che, secondo il regolamento di questa edizione della Coppa, ciascun partecipante potrà varare solo due scafi e non potrà tenere entrambi in acqua contemporaneamente. La seconda barca dovrà pertanto essere considerata quella definitiva per correre le regate, mentre la prima potrà essere usata solo nel caso in cui quella “ufficiale” sarà inutilizzabile per danneggiamento, avaria o problemi di stazza.

Matteo Ledri, classe 1979, laureato in ingegneria navale presso l’Ateneo triestino, ha seguito Luna Rossa fin dai sui primi passi occupandosi inizialmente della fluidodinamica per scafi e appendici e – ora che le barche sono costruite – dedicandosi all’analisi dei dati per valutare le performance. «I due AC75 appartengono alla medesima “famiglia” di barche, ma le differenze ci sono e le abbiamo sviluppate sia a livello di aerodinamica, sia nelle parti immerse» sono le parole di Ledri, che per protocollo non può sbilanciarsi e svelare dettagli. «Ora siamo curiosi di vedere la seconda barca dei kiwi, che già inizialmente era simile alla nostra e immaginiamo dovrebbe essere varata a breve». Lo scafo dice già molto, ma tantissimo si giocherà anche con i foil. «Nessuno ha ancora costruito il terzo set di foil concesso da regolamento. Noi siamo passati da foil piccoli con siluro a foil senza siluro» continua Matteo Ledri «certo che il termine abbastanza anticipato per dichiarare quali saranno i materiali usati in regata imporrà a tutti di fare una scelta non estrema o determinata dalle condizioni meteo. Avere foil più grandi permette di decollare molto presto, mentre quelli piccoli consentono una maggiore manovrabilità».

Un altro tema interessante secondo Matteo Ledri concerne i timoni: «Qui non abbiamo grandi margini imposti da regolamento e il trucco è farlo più piccolo possibile senza mettere in crisi la barca». Quanto alle velocità cui potranno arrivare queste barche Ledri, arrivato alla sua terza campagna di Coppa America dopo Artemis nel 2013 e Land Rover Bar nel 2017, pronostica con dati alla mano che in condizioni di vento medio e scarsa onda si potranno raggiungere e superare i 40 nodi, garantendo uno spettacolo mai visto nel mondo della vela.

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