I Roman, due generazioni nel segno delle Olimpiadi

Sangue triestino e l’amore per i cavalli: Luca e Pietro protagonisti in Brasile mentre a Mosca papà vinse l’oro individuale e l’argento a squadre con lo zio
Di Guido Barella

TRIESTE. E’ una famiglia che sussurra ai cavalli. E’ una famiglia a cinque cerchi. E’ la famiglia Roman. Sangue triestino, anche se ormai la residenza è romana.

Euro Federico Roman, 64 anni fra una settimana, ha partecipato a tre Olimpiadi (Montreal 76, Mosca 80 e Barcellona 92) vincendo l’oro nel concorso completo individuale e l'argento in quello a squadre a Mosca. E lì, a Mosca, nella squadra d’argento c’era anche il fratello Mauro. Oggi, sono altri due fratelli Roman, i figli di Euro Federico, Luca e Pietro, a rappresentare l’Italia a un’Olimpiade, a Rio 2016.

Ma siccome questa è una storia di famiglia, ecco che per raccontarla bisogna partire da più lontano. Lo racconta Euro Federico Roman: «Mio padre era un grande appassionato di cavalli: nel Dopoguerra a Trieste era il vice comandante dello squadrone a cavallo della Polizia civile. Lui, ispettore, insegnava alle guardie della Polizia civile ad andare a cavallo. Avete presente le immagini dei funerali dei militari morti nell’affondamento del “Berenice”, funerali celebrati a Trieste nel 1951 otto anni dopo quel tragico fatto al largo di Muggia? Ebbene, si vede distintamente mio padre a cavallo che apre il corteo funebre. Poi mio padre passò nei ranghi della Polizia italiana, ma gli tolsero i cavalli e allora lui lasciò la divisa per continuare a coltivare la sua passione. Inevitabile quindi crescere amando i cavalli».

A Roma Euro Federico Roman ha aperto e gestisce il centro equestre Il Dragoncello, tra il Grande raccordo anulare e Fiumicino, sulla via del Mare a Ostia Antica, ed è lì quindi che sono cresciuti i suoi figli Luca, 31 anni, e Pietro, 26. A Rio Luca cavalcherà Castlewoods Jake e Pietro Barraduff. Ovviamente, la loro specialità è la medesima del padre, il Concorso completo, sia a livello individuale che a squadre, comprendente le prove di dressage, salto a ostacoli e cross country. E, non occorre nemmeno sottolinearlo, il padre è il loro allenatore.

«La convocazione di Luca e Pietro alle Olimpiadi è il coronamento di una storia alla vigilia nemmeno lontanamente immaginabile» racconta Euro Federico Roman dall’Inghilterra, dove gli azzurri stanno curando gli ultimi allenamenti e da dove il 29 luglio partiranno i cavalli, destinazione Rio. «Già avere un figlio alle Olimpiadi è incredibile, averli entrambi è una grande emozione. Nel nostro sport sono state le componenti importanti. C’è certo un importante aspetto genetico, ma poi è anche questione di cultura, di ambiente... Perché la nostra è una disciplina che evolve in maniera diversa dalle altre: c’è certo una gestione anche fisica delle gare molto più approfondita e c’è un altro approccio culturale rispetto al passato (un tempo era considerata disciplina tipicamente militare, quindi era molto più dura, oggi il rispetto per il cavallo è cresciuto tantissimo) ma il cavallo è pur sempre un cavallo, lui di certo non cambia. E io ho avuto la fortuna in questi anni di continuare a vivere in questo ambiente e quindi di poter seguire la sua evoluzione da vicino». Chissà però quante tensioni in casa... «I miei figli, quando erano piccoli, dicevano che papà era “decisionista”. Era il loro modo per dire che le mie decisioni erano quelle e così si faceva. Poi, negli anni ovviamente il rapporto è cambiato, si è complicato magari, ma anche chiarito. In fondo l’obiettivo era ed è comune».

E adesso è stato raggiunto. Anche Luca e Paolo alle Olimpiadi, come, 36 anni fa, papà e zio.

Guido Barella

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