I muli Petagna e Pobega quando il calcio è nel Dna «Orgogliosi dei nostri figli in A da avversari amici»
TRIESTE A fine match si sono cercati per stringersi la mano e scambiarsi le maglie. Un rito spontaneo tra due giovani nati e cresciuti nella stessa città che si conoscono da parecchi anni, ma che per la prima volta si affrontavano su un palcoscenico prestigioso come la serie A. Da un lato il giovane ma già smaliziato Andrea Petagna, 25 anni, attaccante, alla sua prima stagione con la maglia del Napoli dopo aver maturato 135 presenze e 37 reti con Atalanta e Spal. Dall’altro il giovane debuttante Tommaso Pobega, 22 anni, centrocampista dello Spezia (ma il cartellino è del Milan), alla sua prima stagione nella massima serie. Il campo ha sentenziato la vittoria dei liguri per 2-1 e allo stadio Diego Armando Maradona i due “muli” sono stati i grandi protagonisti. Petagna ha sbloccato l’incontro. Pobega ha procurato il rigore del momentaneo pari e poco dopo ha siglato il gol vittoria. Un tripudio di triestinità...
«Sa che ancora non mi pare vero che Tommy giochi in A? È quasi come vivere in un sogno. Vederlo in campo contro Andrea è stato poi ancora più emozionante. Pensi che è stata proprio mamma Petagna a sciogliere gli ultimi dubbi che avevamo sul mandare nostro figlio 14enne a Milano». Elena Zanini è il ritratto della gioia. Segretaria in Banca Mediocredito Fvg con un passato di ballerina classica, la mamma di Tommaso si coccola, a distanza, il proprio figlio. «Da poco si è iscritto ad Economia e Commercio. Ha già dato due esami. Il calcio è fondamentale, sì, ma bisogna sempre avere un piano B. La testa deve essere anche libera di pensare ad altre cose e nostro figlio ha pensato all’Università. Non male».
Decisamente più vaccinata a vedere il proprio figlio scendere in campo è invece Alessandra Belleli, coordinatrice delle scuole della Triestina Nuoto, nonché mamma di Andrea Petagna: «Vedere Pobi in campo è stato bello, ma non posso dire di aver sentito “il derby”. Era una partita come un’altra. Alla fine il Napoli ha perso e mi spiace, ma sia Andrea che Tommaso hanno segnato quindi sono contenta».
Nella rispettiva crescita dei due giocatori, il ruolo delle mamme non si discute. Ma calcisticamente i papà hanno avuto il loro bel merito. A partire da Giorgio Pobega, tecnico della Acegas, volto noto dei Dilettanti degli anni Ottanta. «Io un calciatore? Beh, non esageriamo. Ho giocato quattro anni con la Muggesana e altri 5-6 con l’Olimpia del mago Di Mauro. Ero un centrocampista, di quelli lenti, alto 190 cm. Sicuramente ho trasmesso a Tommaso la passione per il calcio. Lo avevamo portato anche a fare basket con l’Azzurra, ma poi a fare il cestista è stato il fratello maggiore, Sebastiano, che gioca in C Silver con la Servolana. Tommy la palla la voleva sempre tra i piedi».
Euro Petagna, invece, non si nasconde. «Qualcosa nel Dna ci deve pur essere. Mio padre, il nonno di Andrea, ha giocato 300 match in A con la Triestina e mia moglie ha gareggiato ad alti livelli nel lnuoto. Io ho giocato sino alla D. Ebbi anche l’opportunità di andare a giocare in categoria, vicino a Napoli, ma preferii non lasciare Trieste. Poi entrambi abbiamo fatto gli allenatori. E pensare che mio papà sperava che io facessi Legge. E anch’io speravo che Andrea potesse innamorarsi di uno sport diverso dal calcio. Nuoto, pallavolo o tennis… invece, gira e rigira, con i Petagna salta sempre fuori il calcio». Ma com’è vivere avendo come figlio un calciatore di serie A? «È strano, ma l’importante per noi è che Tommaso rimanga sempre con la testa sopra le spalle e continui a lavorare sodo come ha sempre fatto. E che sia felice», dicono i Pobega. E i Petagna? «Fare l’attaccante può essere tanto gratificante quando segni, quanto mortificante quando non la metti dentro e sui social le critiche arrivano senza pietà, ma Andrea è forte e comunque sa che noi siamo sempre con lui, sempre e comunque».
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