Gli 85 anni di Fulvio Varljen: "Cos’è il calcio per me? È la mia vita"
Fulvio Varljen si è spento lunedì 7 giugno 2021. Ripubblichiamo l'ultima intervista al nostro giornale in occasione dei suoi 85 anni
TRIESTE «Ho sfidato Sivori, Charles, Maldini. Ho portato la Triestina in A. Ho giocato in A con l’Unione e con il Torino. Cos’è il calcio per me? È la mia vita». Nato a Fiume il 3 gennaio 1936 Fulvio Varljen è una icona rossoalabardata. L’ex allenatore vivente più vecchio della Triestina, nonché uno dei pochissimi superstiti di quella straordinaria Unione che conquistò l’ultima promozione in serie A si emoziona a parlare del suo passato di calciatore ed allenatore. Un calcio semplice. Genuino. Un calcio immortale.
Varljen, come è arrivato a Trieste?
Lasciai la mia amata Fiume a 11 anni. Era il 1947. Andai a vivere al Silos. Mio fratello Adriano, più piccolo di 3 anni, ci raggiunse qualche anno dopo. Non fu facile lasciare tutto.
Un’altra epoca, per fortuna passata.
Sì. Ricordo ancora che qualche mese dopo tornai a Fiume per andare a trovare mio zio. Le autorità jugoslave non vollero più farmi tornare a Trieste. Rimasi lì diversi mesi. Alla fine mi nascosi dentro un armadio trasportato da un camion: così varcai il confine e tornai nella mia nuova città.
Il calcio è di tradizione nella vostra famiglia…
Mio padre Dante era un pilastro della Fiumana. Secondo molti era più bravo anche dei miei cugini, Mario e Nini, che diventarono famosi grazie al loro trasferimento alla Juventus dove giocarono tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Quaranta. Anche Adriano fece una bella carriera.
A 18 anni l’esordio in A con la Triestina. Ricordi?
Era la primavera del 1955 (l’8 maggio, ndr). Giocai contro la Roma. Pareggiammo per 0-0. La domenica dopo al Grezar sfidammo l’Inter. Nella stagione successiva feci altre tre presenze con Inter, Spal e Vicenza. Poi giocai un anno alla Pro Gorizia dove maturai e fui pronto per tornare a Trieste per iniziare a togliermi grandi soddisfazioni.
Inizialmente non viveva facendo solamente il giocatore, giusto?
Vero. Manovravo l’Ursus al Cantiere San Marco. Ad un certo punto la Triestina disse che dovevo concentrarmi solamente sul calcio. Nel contratto ricordo che firmai c’era una specie di “clausola”: siccome ero magro dovevo mangiare ogni giorno una bistecca con l’uovo da Vittorio, in via Carducci... Stagione 1957-’58.
È tra gli stakanovisti dell’ultima promozione in A dell’Unione.
Giocai molto (31 partite su 34, ndr). Bandini, Petagna, Petris... bei giocatori. C’era anche un ungherese, Szoke, bravissimo. Era un gruppo fantastico. Alla fine concludemmo il campionato davanti al Bari e tornammo in A: che emozioni.
Dopo la promozione in A va a giocare al Torino.
La squadra era capitanata da un friulano, il buon Enzo Bearzot. Ricordo che giocai contro la Juventus di Charles, Boniperti e Sivori. E giocammo anche contro la Triestina. Ma la partita più bella fu contro il Napoli: durante la radiocronaca, Nicolò Carosio mi elogiò più volte.
Poi fece ritorno a Trieste, prima di aprire la lunga parentesi a Livorno.
Nel 1959-’60 con la Triestina sfiorammo la promozione in A di un solo punto. Giocai tantissimo (37 partite su 38, ndr). A fine stagione decisi di trasferirmi al Livorno in C dove rimasi sino al ’65. Venni trattato come un re. Divenni capitano e conquistammo anche una promozione in B. Giocammo pure due amichevoli di lusso: contro il Milan di Cesare Maldini e contro l’Urss di Lev Yashin... Poi andai in Puglia, a Trani, e chiusi la carriera da giocatore a Pordenone.
Negli anni Settanta riapproda alla Triestina, ma nella veste di tecnico.
Feci una prima esperienza come vice di Sergio Pison in C nella stagione 1970-’71. Nel 1980 invece subentrai al posto di Vasco Tagliavini guidando la squadra nelle ultime 8 partite. Fu la prima stagione in alabardato di Mark Strukelj. C’erano anche Andrea Mitri, Roberto Lenarduzzi, Fulvia Franca… una bella squadra. Ricordo che vincemmo la Coppa Anglo-Italiana con la finale vinta ai rigori al Grezar contro il Sutton United.
Ha ricevuto gli auguri da parte dei suoi ex giocatori?
Sì. In tanti si sono ricordati di me, anche gli atleti delle giovanili della Triestina che ho successivamente allenato. Mi ha fatto molto sorridere Mitri: mi ha detto che si ricordava ancora la mia voce durante le cantate in pullman. Il calcio mi ha sempre messo allegria. Perché il calcio è la mia vita.
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