Giust, arbitro dal cuore d’oro: «I ragazzi devono divertirsi»

Ha diretto oltre 4mila partite. «La società è cambiata, non il mio atteggiamento»
Giusto e il suo modo di vivere lo sport: si ferma per allacciare le stringhe di un piccolo cestista
Giusto e il suo modo di vivere lo sport: si ferma per allacciare le stringhe di un piccolo cestista

TRIESTE Una vita sul parquet, attraversando i cambiamenti che nei decenni hanno stravolto le abitudini dei giovani. Per le migliaia di ragazzi che hanno avuto la fortuna di condividerne la passione per la pallacanestro, Ezio Giust rappresenta ancora oggi, a 70 anni compiuti, un punto di riferimento.

Competenza, rispetto e capacità di interpretare le situazioni. «Pensare, valutare e solo dopo fischiare è stato il mio motto - racconta Giust - cercando sempre di usare il buon senso. Credo che un arbitro sia importante come persona, indipendentemente che sia chiamato a dirigere alle Olimpiadi o in una partita di propaganda. Devi essere arbitro nei 40' della partita ma anche e soprattutto fuori dal campo. Il fatto di aver giocato e poi allenato mi ha permesso di vivere e capire meglio le situazioni. Ancora oggi il rispetto delle società e dei giocatori che ho incontrato nella mia lunga carriera è la cosa che mi emoziona di più».

Ezio Giust
Ezio Giust


Inizia a giocare al Volta poi, nella stagione 1964/65 il passaggio all'Hausbrandt, la società in cui Tullio Micol allenò prima di passare all'Inter 1904. Giust segue la trafila delle giovanili con qualche apparizione in prima squadra poi il lavoro alla Grandi Motori, il matrimonio e la nascita della figlia Tristana lo convincono ad appendere le scarpe al chiodo.

Il basket, però, rimane una passione troppo grande per essere abbandonata. Comincia a insegnarlo ai ragazzi fin quando, all'età di 35 anni, decide di indossare la divisa e prendere il fischietto in mano.

«Ho iniziato sapendo che, causa limiti di età, non avrei mai potuto salire oltre un certo livello. Non è mai stato un problema - racconta Just - sono fiero di quello che ho fatto e di essere stato uno dei pochissimi in Italia ad aver diretto la serie D fino a 60 anni».

Una vita sul parquet, dicevamo. Facendo da chioccia a tutti gli arbitri che negli anni sono partiti da Trieste per affacciarsi sui palcoscenici della serie A. Mark Bartoli nella massima serie, Enrico Bartoli, Paolo Cherbaucich, Moreno Almerigogna in serie A2 più tutti coloro i quali si sono fermati tra i cadetti.

«Oltre quattromila partite dirette- ricorda Giust- trentadue stagioni ufficiali ma ancora oggi resto in attività continuando a partecipare alle riunioni degli arbitri per restare aggiornato e collaborando con le società che mi chiedono di arbitrare i più giovani».

Ha attraversato tre generazioni di ragazzi, li ha visti cambiare approccio, abitudini e atteggiamenti. «Una volta entravi in palestra o cercavi il campetto per dare libero sfogo alla voglia di giocare e divertirti. Il basket era una passione ma anche il modo di fare amicizia e socializzare. Oggi le cose sono diverse. Dico sempre che i ragazzi vengono in palestra "dalle...alle...", hanno una vita cadenzata da tantissimi impegni e lo sport è soltanto uno di questi. I giovani sono cambiati: non in meglio o in peggio, semplicemente hanno differenti esigenze». —


 

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