Gelindo Bordin: «Si torni ai Giochi della Gioventù»

TRIESTE. Sulla scrivania, nel suo ufficio, ha trovato posto una gigantografia che lo ritrae. «Me l’hanno regalata i ragazzi del mio staff», giura schermendosi, quasi dovesse giustificare quello che qualcuno potrebbe considerare un eccesso di protagonismo. «Non ho rimpianti e non mi piace vivere di ricordi», assicura Gelindo Bordin, 55 anni, vero e proprio mito dell’atletica italiana. Una persona che sui poster ha tutto il diritto di trovare spazio, se non altro per essere stato il primo italiano a vincere la maratona alle Olimpiadi, unico atleta non africano a imporsi, in quei Giochi, nelle discipline della corsa. La foto in questione, infatti, lo ritrae al traguardo di Seoul ’88 mentre bacia il tartan dello Stadio Olimpico. A quella pagina di storia sportiva, inoltre, solo due anni più tardi si è aggiunto il trionfo nella maratona di Boston, classica mondiale fra le 42 chilometri. Ora il nome di Bordin ritorna a incrociare quello di Trieste. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia che “Gelo”, come lo chiamano gli amici, sarà il testimonial della Mujalonga sul Mar del prossimo 27 aprile. Dopo due anni dalla sua ultima puntata in regione, allora, non si può non approfittare della sua disponibilità qualche domanda.
Quanto sono lontane Seoul e Boston?
Sono vicinissime. Il loro ricordo è indelebile e mi riporta alla mente un passato glorioso. Un passato, appunto. Non amo voltarmi troppo indietro. Ho smesso di correre nel 1993 e qualche mese dopo ero già in azienda (la Diadora, ndr).
Qual è il suo ruolo in azienda?
Sono il direttore marketing della parte Active, che riunisce sport quali il calcio, il ciclismo, il tennis e, ovviamente, il running.
E la corsa, a parte l’ambito professionale, che ruolo ha ancora nella sua vita?
Corro due o tre volte a settimana. Mi si può definire, a tutti gli effetti, un vero e proprio corridore amatore.
La maratona italiana, intanto, piange…
È mancato un ponte fra le generazioni, fra gli anni ’80 e oggi e Stefano Baldini ha rappresentato una piacevolissima eccezione. Il gap è importante, ma credo che Daniele Meucci possa fare bene sui 42 km. Deve crederci, a patto che si concentri sulla strada, a scapito della pista. Ripartiamo da lui.
Due anni fa lodava la location del Draghicchio di Cologna che definiva “bellissima”, pur nella vetustità della struttura, ma a Trieste scontiamo ancora il problema impianti, con il nuovo Grezar che non può ancora decollare. Cosa ne pensa?
Gli impianti sono fondamentali, ma è altrettanto importante il lavoro di promozione con i giovani. Va fatta una politica radicale per reintrodurre lo sport nelle scuole. Ritorniamo ai Giochi della Gioventù, dove ogni atleta della mia generazione ha incominciato a muovere le prime falcate.
Che rapporto ha con Trieste?
È una città bellissima. Tutto il Friuli Venezia Giulia è una terra meravigliosa, patria dei vini che amo. Forse è un po’ periferica, ma si può rilanciare anche attraverso lo sport.
E la Mujalonga sul Mar?
Conosco gli organizzatori e so che è una gara ambiziosa, che sta crescendo di anno in anno. Presto volentieri la mia immagine, anche perché la Diadora sta guardando con rinnovato interesse a questa parte d'Italia e a queste manifestazioni podistiche.
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