Fischietti nel mirino ma molto spesso non possono vedere
TRIESTE. Il campionato di calcio sta per iniziare e gli arbitri, come ogni anno, si troveranno al centro di polemiche per sviste ed errori più o meno clamorosi. Il rigore non visto? Un fuorigioco inesistente? Una risposta alle arrabbiature domenicali arriva da chi studia da anni i movimenti oculari e spiega perché una mancanza del direttore di gara non sempre sia dovuta ad inesperienza e distrazione: qualche volta direttore di gara ed assistenti sono ingannati dai loro stessi occhi. Tutta colpa delle “saccadi”, dette comunemente “movimenti saccadici”, ovvero quei movimenti oculari rapidi che rappresentano la stragrande maggioranza dei nostri movimenti oculari.
Durante i movimenti rapidi dell’occhio, il nostro cervello “spegne” la visione per evitare l’effetto telecamera, cioè uno sgradevole effetto di scivolamento di imagine, di mosso; il meccanismo di base, definito “soppressione saccadica”, viene eseguito allo scopo utilitaristico di eliminare questa sensazione di “mosso”. Le pause di buio perciò impediscono la visione di un’immagine, fermata invece dall’occhio di una telecamera fissa o dal tifoso che stava casualmente guardando quella scena in quell’istante.
Lo spettatore che per puro caso avrà già lo sguardo orientato nel punto dove l’azione starà per prendere forma, sarà sicuramente facilitato nella valutazione di una eventuale irregolarità e griderà allo scandalo ed all’arbitro venduto.
Esempi? L’arbitro segue un passaggio di un difensore in avanti, la palla arriva veloce al centravanti, ma il momento del fuorigioco sfugge all’arbitro per quei decimi di secondo durante i quali i suoi occhi hanno dovuto compiere un movimento saccadico. Così ci sono situazioni in cui l’arbitro, o a maggior ragione il guardalinee, non può vedere: ha quell’attimo di buio che giustifica l’errore.
Ecco dimostrati i limiti di ogni arbitro. Nell’intervallo di tempo tra il lancio del pallone di un centrocampista ed il ricevimento di un attaccante, gli occhi devono compiere un movimento rapido. Tutto ciò comporta una “assenza della visione” ovvero una “zona d’ombra” della durata di 2-3 decimi di secondo. Eppure la percezione di “aver visto tutto” avviene fisiologicamente senza il controllo cosciente dell’arbitro che sarà convinto di vedere.
E’ il cervello che riempie il “fotogramma mancante” mediante “ricordi” o “esperienze passate”. Il nostro cervello, quindi, ci fà credere che nessuna imagine è andata persa.
Se utilizziamo queste informazioni per capire le molteplici polemiche che nascono nei vari processi televisivi della domenica sera alla fine delle partite, a causa dei supposti “errori” arbitrali, comprendiamo che molto spesso l’errore è determinato dai limiti fisiologici di ogni essere umano. Purtroppo, in due decimi di secondo, fase di oscurità visiva fisiologica, può succedere di tutto.
Per cominciare, un buon centravanti in quel lasso di tempo percorre due metri di campo verso la porta avversaria; altrettanti ne percorre in senso contrario uno scaltro difensore. Se una squadra vuol far scattare un attaccante in fuorigioco, l’arbitro rischia di vedere offsides di 4 metri che al momento esatto non erano mai esistiti. Ma non è tutto. Ci si mettono di mezzo anche i processi cognitivi: il blackout visivo è sostituito da una ricostruzione di immagine raccolta dal nostro vissuto, dalle proprie personali esperienze.
Se il giudice di gara risulta essere individuo fiscalissimo e rigido anche nella vita privata, sarà portato a vedere tanti fuorigioco, poichè i processi cognitivi per coprire il “buco nero” si confronteranno con le esperienze passate, tutte di estrema fermezza: il risultato farà sì che il giudice di campo sarà veramente convinto di aver visto un fuorigioco. È altrettanto vero il contrario. Se ad arbitrare è un giudice di gara elastico il suo cognitivo deciderà per lui e riempirà il buco nero con una esperienza del tutto regolare della fase di gioco. Se dovessimo sommare tutto il tempo che trascorriamo al buio in una giornata, scopriremmo che trascorriamo 3-4 ore in piena oscurità, completamente inconsapevoli del fenomeno.
Stefano Rigo
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