Dopo 10 anni caccia ai dopati del dottor Fuentes

L’analisi delle sacche di sangue porterà all’identificazione degli sportivi implicati nelle indagini
CICLISMO.FOTO SIROTTI.BASSO IVAN
CICLISMO.FOTO SIROTTI.BASSO IVAN

MADRID. Non sono esclusi sviluppi clamorosi nel “vecchio” caso Puerto, che nel 2006 ha coinvolto ciclisti di fama mondiale e sollevato sospetti di doping su altri sportivi, dopo la decisione del Tribunale Provinciale di Madrid che ha negato la distruzione delle 216 sacche di sangue sequestrate dieci anni fa nella clinica del dottor Eufemiano Fuentes.

La decisione potrebbe riaprire in parte il caso. Le sacche saranno affidate a quattro organismi internazionali fra cui il Coni e la Wada, l'Agenzia Mondiale Antidoping, che potranno identificare così altri atleti che allora facevano ricorso ai cocktail dopanti di Fuentes. Si parla di 35 atleti, circa un terzo dei quali sportivi italiani.

L'indagine condotta nel 2005-2006 aveva portato alla condanna di cinque ciclisti: lo spagnolo Alejandro Valverde, gli italiani Ivan Basso e Michele Scarponi, i tedeschi Jan Ullrich e Jordg Jaksche. Le sacche sequestrate ma non analizzate allora sono state conservate finora dal laboratorio di Barcellona in attesa di una decisione definitiva della giustizia. In primo grado un giudice di Madrid ne aveva ordinato la distruzione in nome della tutela della privacy.

La sentenza di ieri decide il contrario. La identificazione di altri clienti di Fuentes non avrà conseguenze penali o sportive, per via della prescrizione. Ma certo di immagine e permetterà di ricostruire una mappa del ricorso a dopanti nello sport internazionale dell’epoca. Solo alcuni atleti vennero individuati: le sacche attribuite a Basso erano indicate con la sigla “Birillo” dal nome del cane del campione ma diverse altre sigle non erano state attribuite a volti certi.

Per Fuentes la sentenza in appello di Madrid è fonte di sollievo. Condannato in primo grado a un anno e alla inibizione, il medico è stato ora assolto da un presunto reato contro la salute in quanto il doping allora non era punito penalmente in Spagna. Potrà quindi esercitare di nuovo come medico sportivo.

Assolto con lui anche Ignacio Labarta, il preparatore sportivo condannato all'inabilitazione e a quattro mesi in prima istanza.

L'apertura e l'identificazione delle sacche potrebbero ora, si augura Marca, «chiudere definitivamente l'episodio sportivo più buio che si sia verificato in Spagna».

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