Ciclismo, la Parigi-Roubaix vista da Daniel Skerl: «Una sofferenza, ma la rifarei subito»

Nella classica vinta da Mathieu van der Poel, ha fatto il suo esordio il triestino del Team Bahrain Victorious, arrivato 114°. «La gara mi è piaciuta dal primo all’ultimo chilometro, volevo finirla a tutti i costi»

Emanuele Deste
Il triestino Daniel Skerl sul mitico pavé della Parigi Roubaix
Il triestino Daniel Skerl sul mitico pavé della Parigi Roubaix

Al traguardo è arrivato 114° con un distacco di 16’57” dal Re della Parigi-Roubaix - ed è tris consecutivo per lui - Mathieu van der Poel.

Apparentemente potrebbero sembrare i numeri da affiancare a una sconfitta ma quando si parla di ciclismo, Inferno del Nord ed esordio sulle pietre che hanno fatto la storia del pedale possono essere invece dettagli importanti a definire lo svolgimento di una domenica difficile da scordare, in realtà accompagnata da tanta soddisfazione.

È il caso del corridore triestino, classe 2003, Daniel Skerl che, convocato in extremis per far parte della formazione del Team Baharain Victorious, è riuscito nella piccola grande impresa di entrare nel mitologico velodromo di Roubaix dopo 5h46’24” e dopo aver percorso 259,2 km più 10 km di trasferimento.

«Difficile descrivere a parole le emozioni provate in questa magica domenica che conserverò per sempre nell’album dei ricordi più dolci. Se il giorno prima, alla presentazione delle squadre, ero decisamente emozionato e sorpreso di essere lì, alla domenica è arrivata l’ansia legata soprattutto al non sapere come sarebbe andata questa avventura», racconta il giovane Skerl.

E questa avventura ha regalato a Daniel tanto divertimento, l’onore di pedalare nel gruppo dei migliori e spesso al fianco del fenomeno Wout van Aert (poi 4° all’arrivo) prima di svolgere appieno il suo lavoro da gregario nei 15 km, prendendo le posizioni di testa del gruppo, d’avvicinamento alla Foresta di Arenberg e al tratto di pavè da cui si entra nella fase decisiva della corsa.

«Posso dire senza sentirmi retorico che questa Roubaix mi è piaciuta dal primo all’ultimo chilometro, ho amato ogni momento di sofferenza e la rifarei subito», racconta Skerl.

E sofferenza è stata da Arenberg sino al Velodromo come ammesso dallo stesso triestino che ha riportato, dopo 70 anni e dopo l’ultima apparizione sulle pietre francesi di Guido De Santi, l’alabarda sulle strade della Regina delle Classiche: «Dopo che ho tirato a tutta per 10 km, cercando di tenere nelle posizioni di testa del plotone principale i miei capitani sul tratto di Haveluy to Wallers, quello che precede Arenberg, è iniziato il mio calvario e lì sinceramente ho pensato di dover vedere Roubaix dall’autobus».

E invece armandosi di grinta e tanta voglia di realizzare un sogno Daniel ha tenuto duro: «Sono andato avanti d’inerzia facendomi trascinare da un gruppo di una sessantina di corridori attardati, poi a circa 20 chilometri dal traguardo si è spenta la luce ma volevo a tutti i costi finire la corsa. Mi sono goduto l’unicità del tifo da queste parti, godendomi ogni metro del Carrefour de l’Arbre e la passione enorme dei tifosi. Poi è arrivato quel giro e mezzo nel velodromo e la consacrazione, ovvero finire la prima Parigi-Roubaix».

Ora però si volta pagina: «Qualche giorno di recupero e poi si torna lavorare duro - conclude Daniel Skerl -, perché dal 14 al 18 maggio sarò al Giro di Ungheria per divertirmi e regalare soddisfazioni alla squadra».

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