Boniciolli: Stefanel “romano”, la politica, l’azzurro

Esce la biografia del coach della Fortitudo. Con aneddoti, personaggi, rivelazioni e tanta Trieste
Bologna - 25/12/2015 - Matteo Boniciolli head coach della Fortitudo Eternedile Bologna in azione durante la gara Fortitudo Eternedile Bologna vs Bondi Ferrara al PalaDozza valida per il campionato di pallacanestro 2015/2016 di Legabasket di serie A2 (Photo by Roberto Serra / Iguana Press / Fortitudo Eternedile Bologna)
Bologna - 25/12/2015 - Matteo Boniciolli head coach della Fortitudo Eternedile Bologna in azione durante la gara Fortitudo Eternedile Bologna vs Bondi Ferrara al PalaDozza valida per il campionato di pallacanestro 2015/2016 di Legabasket di serie A2 (Photo by Roberto Serra / Iguana Press / Fortitudo Eternedile Bologna)
TRIESTE. Il personaggio, si sa, quando parla è un fiume in piena. E regala quasi sempre polpa per i titoli dei giornali. Bastano appena 366 pagine per raccontare il basket di Matteo Boniciolli. Nel suo “Non è mai finita” (Absolutely Free editore), scritto - molto bene - con i giornalisti Giorgio Burreddu e Alessandra Giardini, il coach triestino della Fortitudo racconta la sua carriera ma soprattutto sè stesso, partendo da Trieste e dalla Sgt. Aneddoti, ricordi e più di qualche rivelazione. L’idea di andare a vendere estintori accarezzata nel momento di scoramento, il possibile sbarco di Stefanel a Roma grazie ai buoni uffici di Andreotti prima del trasloco a Milano, l’incontro con il vicepresidente Fip come possibile ct azzurro. Parlando anche di politica, con l’offerta di una candidatura fattagli anni fa dal dem Gianni Cuperlo, ex cestista e petrarchino. Qui qualche stralcio.


COACH AL PETRARCA.
«Un giorno chiedo al preside se posso continuare ad allenare la squadra del liceo da ex studente...Maurizio (Grisoni, ndr) muove le mani e dà un paio di indicazioni dettagliate e lucide, e quel gruppo di giocatori si trasforma in una squadra. Una squadra vera. Capace di metterci sotto. Com’è possibile, mi domando. E mentre ci ragiono su, sento questa scintilla dentro il petto. Adesso posso vedere la direzione da prendere.


Non sono un giocatore.


Io voglio fare l’allenatore.


Voglio essere un coach.»


LA PRIMA STEFANEL.
«Per noi il futuro, anzi il presente, è una stagione che fa innamorare Trieste della pallacanestro. Pilutti, Cantarello, Sartori, Volpis, Zini, Bianchi, Larry Middleton, Terry Tyler. La partita della promozione la giochiamo contro Gorizia,ed è un cerchio che si chiude, tre anni dopo la delusione di Bologna. Non c’è storia, da qualche parte era scritto che ci saremmo ripresi tutto».


LA PARTENZA DI STEFANEL.
«A marzo un dirigente della Pallacanestro Livorno viene da me per propormi un contratto. Prima squadra, il grande salto. Ne parlo con Tanjevic. Mi dice di aspettare, perchè Stefanel sta pensando di mettere su qualcosa di grande a Roma, una roba tra calcio e basket, pare ci sia di mezzo anche l’onorevole Andreotti».


SNAIDERO.
«Agli allenamenti sembro uno di quei sergenti che si vedono nei film. Incito, sbraito. Li massacro. Devono sputare anche l’anima. Un giorno Lou (Smalley, ndr) viene da me. È stanco, dice..


Ah sì?


Chiamo Edi e gli chiedo se il giorno dopo possiamo andare in ditta da lui, a mangiare in mensa con i suoi operai....Voglio che i ragazzi capiscano chi sono, che lo sport è sacrificio, gioioso, bello, voglio che capiscano che devono essere onorati di sputare l’anima sul parquet».


CON IL POZ ALLA FORTITUDO.
«Mentre andiamo ad Avellino in treno ho il tempo di parlare con Poz. Dice che sto facendo un miracolo, che prima di me non era mai riuscito ad accettare la panchina.


E comunque sono la tua grande occasione, Matteo.


Lo guardo senza capire.


Dimostrerai a Tanjevic che tu riesci in quello che lui non ha saputo fare: allenare me».


PRATICÒ.
«Quando mi è stata affidata la società ho deciso di investire anche sulla crescita dei giovani allenatori triestini. Quest’anno abbiamo deciso di puntare su Matteo Praticò: ha 27 anni, sarà l’assistente di Dalmasson e pretendo che abbia almeno mille euro al mese di stipendio.


Siamo fuori dal budget, Matteo. Diciamogli che deve fare un investimento su se stesso.


Se c’è un’espressione che mi manda al manicomio è questa dell’investimento su se stessi, solo io so quante volte me la sono sentita dire. Per cui decido che Praticò da me non la sentirà. Prendo i soldi del suo salario dal mio stipendio».
(r.d.)




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