Belle ragazze e slogan, il tifo fa spettacolo

Ancora presenze record al Palatrieste
TRIESTE
. In tre giorni hanno conquistato la città. I loro eroi sul parquet, loro sugli spalti, trasformando il PalaTrieste nel PalaVarsavia. La pallavolo è una festa. Un mondiale è la festa delle feste, attesa quattro anni. E i tifosi polacchi non si sono persi l’occasione. Diciotto e più ore di pullman per arrivare a Trieste, ma ne valeva la pena. Diciotto e più ore di pullman per invadere allegramente la città, unendosi ai tanti connazionali che abitano in quest’angolo d’Italia e non hanno perso l’occasione per respirare – pur a tanti chilometri di distanza – aria di casa. Famigliole intere, decine e decine di ragazze stregate da Kurek – il più amato dai tifosi, l’unico ad avere striscioni tutti per sé sugli spalti - uomini e donne “accompagnati” da aquilotti biancorossi in peluche, la mascotte della loro squadra. Tanti, tantissimi con la maglietta della nazionale addosso, tutti, comunque, con qualcosa di rosso: almeno un cappellino, una sciarpa, una giacca a vento.


«Dalle prevendite – racconta Giorgio Tirel, vertice dell’organizzazione triestina del girone mondiale – sapevamo che sarebbero arrivati almeno 1500 tifosi polacchi. Ma trovarcene almeno il doppio è stata una gran bella sorpresa. È stata una piacevolissima invasione».

Polonia-Serbia, l’evento clou del girone triestino dei mondiali sta per andare in scena. Nel terzo anello i circoli serbi di Trieste sistemano i loro striscioni. Dovevano essere loro l’uomo in più per la propria nazionale. Ma non avevano fatto i conti con la passione travolgente dei tifosi polacchi. Le ragazze con la bandierina biancorossa dipinta sulle guance scendono nel parterre per farsi fotografare con Raul Lozano, l’allenatore argentino che con la Polonia ha vinto due anni fa il titolo europeo e oggi guida la Germania. Baci, abbracci, autografi. A giudicare dalla luce che si accende nei loro occhi è un souvenir che vale il viaggio fin qua. Intanto, i giocatori tedeschi, che hanno appena piegato il Canada 3-0 strappando il biglietto per la seconda fase (e rispedendo a casa i nordamericani), sono tutti in tribuna, ancora in calzoncini da gioco e giacca della tuta addosso, a coccolarsi le fidanzate tra un autografo e l’altro. Ve la immaginate una scena così in uno stadio di calcio?


«Srbija, Srbija». L’urlo del terzo anello annuncia l’inizio del riscaldamento dei ragazzi di Kolakovic, mentre spunta una bandiera serba cucita assieme al tricolore italiano. «Polska, Polska» rispondono i tremila tifosi dei ragazzi di Castellani: il tempo lo danno due grancasse e una tromba (dipinte di biancorosso: avevate dei dubbi?) nel secondo anello, proprio dietro le panchine. Loro, i tifosi polacchi sono lì a fare calcoli: dunque, se siamo secondi si va a Milano, se vinciamo invece ad Ancona. Beh, Catania, il girone dell’Italia dove finisce la terza del girone giuliano è scongiurata, sarebbe stato un bel problema arrivare fin laggiù anche se magari il cammino della squadra sarebbe stato più facile.


Tutto dimenticato alle 20.38 quando, accompagnate dalle note della colonna sonora del Gladiatore, quelle rese famose anche per il pubblico tv dall’Isola dei famosi, entrano le squadre. Al momento degli inni nazionali il palasport è una bolgia, quota 6500 è superata, un’emozione anche per chi non è né serbo né polacco. Volano i palloncini bianchi-rossi-blu dei tifosi del principe Nikola (Grbic), i fan di Kurek sono pronti a scandire il loro ”jeden-dwa-trzy”, l’”uno-due-tre” che accompagna ogni azione d’attacco della nazionale biancorossa. Adesso si pensa solo a vedere la propria squadra mettere la palla a terra. E lo speaker annuncia: in 3 giorni, 33 mila spettatori. Trieste ha già vinto il suo Mondiale.



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