Bazinga, un team speciale che vuole tornare a giocare
La formazione triestina di Baskin, il basket inclusivo, ha dovuto interrompere il suo campionato dopo due gare. Coach Pituzzi: «Entusiasmo e divertimento»
Nella foto sopra il Bazinga Basket esulta dopo una vittoria con la squadra al gran completo e coach Giulio Pituzzi, seminascosto, in felpa azzurra. Le immagini sono di Roberto Comuzzo
TRIESTE Il canestro non è solo un divertimento. Molto di più, è una nuova porta sul mondo, un momento insostituibile di aggregazione. E stare lontani dal campo è davvero pesante, soprattutto quando l’avventura si è interrotta dopo appena un paio di partite, proprio quando l’entusiasmo era acceso. Hanno una gran voglia di ritornare a giocare i ragazzi del Bazinga, la squadra triestina di baskin. Baskin, per intendersi, sta per basket inclusivo, la disciplina che permette di far giocare insieme nella stessa squadra e nella stessa partita soggetti normodotati e con diversi gradi di disabilità.
L’esperienza del Bazinga è nata l’anno scorso con un progetto che ha coinvolto Polisportiva Fuoric'entro e Cooperativa Sociale Trieste Integrazione a marchio Anffas con la collaborazione del Cus Trieste. Ad attirare l’interesse degli istruttori è stata la valenza sociale della disciplina, con una effettiva integrazione. E già dai primi giorni nella palestra di Monte Cengio si è capito che il progetto sarebbe decollato. Giulio Pituzzi, responsabile basket della Fuoric’entro, figlio d’arte, maestro al ricreatorio Ricceri di Borgo San Sergio, racconta: «Il nostro gruppo è nato spontaneamente, lo gestisco cercando di valorizzare il talento di ciascuno. Siamo una squadra dove non mancano il senso dell’umorismo e la voglia di divertirsi insieme. Il nome del team, Bazinga, ad esempio è nato da una scritta su una mia maglietta. Cercavamo un nome ed eccolo lì, la proposta divertita di uno dei ragazzi e tutti d’accordo. Il sabato mattina, ai nostri allenamenti, sorrisi e solidarietà».
Il baskin prevede in campo sei giocatori per team, con quattro aree di attacco/difesa e canestri di diversa altezza. I ruoli sono divisi in base alle capacità: il 5 ha ottime capacità motorie e conoscenza del basket, il 4 buone capacità motorie ma non è esperto, il 3 ha difficoltà motorie ma può tirare e spostarsi, il 2 ha handicap nella corsa e l’1 non può spostarsi e la palla nell’area dei canestri più bassi gli viene consegnata da un compagno. 1 e 2 non possono venir marcati. Le squadre sono miste e in campo dev’esserci sempre una giocatrice. Il 5 non può tirare più di tre volte. La somma dei numeri di ruolo in campo non può superare 23, per avere sempre formazioni omogenee. Si giocano quattro tempi da otto minuti. Queste le regole per sommi capi. E non crediate che le partite siano semplici dimostrazioni. A vincere ci tengono tutti, eccome. Un incontro si è risolto ai supplementari, un altro con un canestro all’ultimo secondo.
Spiega ancora Pituzzi: «Siamo stati contattati da Alberto Andriola che stava allestendo un torneo in Friuli. Così è nato un campionato regionale, con noi di Bazinga, Zio Pino Udine, Portogruaro e Tolmezzo. In palio il pass per la Coppa Italia ma purtroppo dopo due soli turni siamo stati costretti a fermarci per l’emergenza Covid-19. Un sacrificio per tutti. Ci sentiamo al telefono, io, i ragazzi, Luca Bianchi. Avverto una grande voglia di ricominciare. I giocatori con problemi di disabilità hanno grande entusiasmo, il gruppo sta aspettando solo il giorno in cui potrà riunirsi nuovamente a Monte Cengio. Il progetto è troppo importante per rimanere in sospeso e ha già riscosso l’interesse da parte di studenti universitari di Psicologia e Scienze motorie. Ma, beninteso, sul parquet questa formazione così eterogenea non è un esperimento. Siamo in tutto e per tutto una vera squadra». —
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