Addio a Johan Cruijff la rivoluzione nel calcio

Dall’Ajax alla nazionale olandese e al Barça una carriera mai banale
Di Guido Barella

Poco più di un mese fa, il 14 febbraio, nel 6-1 del Barcellona contro il Celta Vigo, Leo Messi e Luis Suarez resero omaggio al maestro gravemente malato battendo (e segnando) un rigore “di seconda”. Il precedente illustre era del 1982, 5 dicembre, quando un Cruijff ormai a fine carriera, con il suo Ajax in campionato contro l’Helmond, invece di calciare direttamente il rigore chiese e ottenne il triangolo dal dischetto al compagno di squadra Jasper Olsen. Battendo un incredulo Otto Versfeld, il portiere avversario.

No, non è mai stato banale Johan Cruijff. Sin dal giorno del suo debutto nel calcio dei grandi, il 15 novembre 1967, Ajax-Gvav 1-3. Già, chi aveva debuttato? Kruyff? Kruijff? Cruyff? Cruijff? Quattro giornali, quattro grafie diverse per il debuttante Johan. Il cognome giusto, Cruijff, lo aveva azzeccato l’Het Algemeen Handelsblad: quella infatti era la grafia sul passaporto di mamma Nel. Anche se a dire il vero papà Manus scriveva il proprio cognome Cruyff, grafia peraltro poi scelta dallo stesso Johan per il proprio marchio di scarpette da gioco, visto che il dittongo “ij” esiste solo in olandese.

No, non è mai stato banale Johan Cruijf. In un mondo in cui le magliette dei giocatori andavano dall’1 all’11, lui aveva il numero 14. In una nazionale le cui divise avevano le tre strisce dello sponsor Adidas lui ne aveva due perché il suo sponsor era la rivale Puma. E al di là di quel rigore battuto con il triangolo, lui inventò anche un cambio di direzione in dribbling, “the Cruijff turn”, che divenne un marchio di fabbrica.

Poi, era il 1973, lasciò Amsterdam (dove in 239 partite aveva segnato 190 gol) e sbarcò al Barcellona per 2 milioni di dollari e divenne catalano non solo di maglia ma anche nel cuore. Per il figlio scelse la traduzione catalana del nome Giorgio, Jordi, perché San Giorgio è il patrono della Catalogna, e siccome si era ancora in pieno franchismo e i nomi che ricordassero il nazionalismo catalano erano vietati il bimbo fu registrato con quel nome in Olanda. E da allenatore, Cruijff guidò anche una selezione della Catalogna.

No, non è mai stato banale Johan Cruijff. Il “calcio totale” del suo Ajax e della sua Olanda era per noi, allora ragazzini, il sogno rivoluzionario tradotto in realtà su un campo di calcio. Il suo ciuffo, il suo caracollare inconfondibile, la sigaretta che spesso e volentieri gli pendeva dalle labbra... E quel modo di pennellare le traiettorie del pallone... Del resto, ieri, commentando la morte di Johan Cruijff non a caso Pep Guardiola - catalano cresciuto nel mito del catalano d’Olanda, che fu anche suo allenatore - ha detto: «Johan ha dipinto la Cappella Sistina. Io, Van Gaal e Rijkaard abbiamo solo aggiunto qualche pennellata».

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