La Triestina raggiunta dal Lecco e l’effetto pressione
La necessità di difendere il vantaggio contro una diretta rivale è una situazione mentale che si ripeterà. Ma la Triestina c’è
Quando una squadra viene raggiunta a una manciata di minuti dalla fine in uno scontro diretto lo scoramento prevale. Eppure, pur prendendo atto che i punti persi contro il Lecco sono pesantissimi, in campo si è vista una Triestina che è tutt’altra cosa da quella vista nell’era pre-Tesser. Resta il problema dell’incisività negli ultimi venti metri e della discontinuità nel rendimento all’interno del match.
E poi il tecnico non sempre può pescare la carta vincente dalla panchina o tenere più alta una squadra in pressione che vuole difendere un gol. Anche questo aspetto mentale dell’obbligo di fare punti è una condizione psicologica con cui imparare a convivere. Il lavoro del tecnico e del suo staff è cominciato due mesi fa e per di più su una squadra allo sbando, attraversata da tre diverse gestioni tecniche e ultima in classifica.
La continuità sia nello sviluppo tattico che nella tenuta atletica non ha certo beneficiato della situazione ereditata da Tesser. Non era il caso di idolatrare la squadra proiettandola ai play-off e santificare Tesser, ma ora, nemmeno dopo un pareggio doloroso con il Lecco e una sconfitta giocando alla pari e anche più con l’Atalanta, è il caso di abbattersi.
La realtà è la conseguenza degli errori in sequenza commessi da chi aveva la gestione tecnica del club. Si possono e si stanno ratoppando quei vuoti ma serve del tempo che la classifica, nonostante tutto, ancora concede. Per raggiungere la salvezza, non per altri obiettivi.
I numeri di Tesser e anche la trasformazione del gruppo in una quasi squadra sono fatti incontestabili. Gli errori ci stanno in ogni partita e tutti sono orientati a limitarli quanto più possibile. E poi c’è da dire che i nuovi arrivati hanno potuto dare un contributo minimo e che ad esempio con il Lecco l’handicap cronico delle fasce difensive è rimasto tale per le assenze per infortunio di Germano e Cancellieri e con un Tonetto non al top. E anche la partenza repentina di Vallocchia e le voci di mercato non hanno aiutato il lavoro settimanale. Succede sempre così a tutte le squadre a gennaio, il mese più odiato dai tecnici, ma pesa di più a chi sta cercando di costruire quello che non è stato fatto ad agosto.
Alla luce di questi fattori la prestazione dell’Unione è stata positiva. Per quanto riguarda le prove dei singoli, al di là del plus di Correia, Silvestri al debutto ha giocato con intelligenza, Jonsson pure, Frare ha mostrato una crescita continua, Braima ha sostituito bene Vallocchia, D’Urso è apparso vivace così come lo stesso Vertainen. Tutto ciò non esclude anzi, la necessità di avere almeno un giocatore in più in attacco.
Delli Carri sta lavorando non con un budget non illimitato e soprattutto con la difficoltà di operare in un mercato in cui la Triestina non è poi così attrattiva (per la posizione di classifica e il rischio di una retrocessione) ed anzi ha alcuni giocatori appetibili da concorrenti messe meglio nelle graduatorie degli altri gironi. Questa è la realtà e con questa vanno fatti i conti al di là degli umori altalenanti della piazza. Il gap tra la posizione degli alabardati e la zona salvezza si allarga e si restringe a fisarmonica.
Fino a quando non sarà centrato un filotto di successi ci si deve adattare a questa altalena. Lo devono fare soprattutto i giocatori per arrivare nella condizione migliore possibile a marzo. Lì si decideranno i destini alabardati. —
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