Altri lavori per il tram di Opicina, il sindaco di Trieste Dipiazza: «Così rischiamo di non ripartire mai più»
A 8 anni dall’incidente che il 16 agosto 2016 fermò la tramvia il sindaco attacca sui paletti inviati dall’Ansfisa il 1 agosto. Lodi: faremo solo le migliorie già previste
TRIESTE L’ultima fermata del tram chiamato Desiderio potrebbe essere un’aula di tribunale. Almeno a sentire il sindaco Roberto Dipiazza, a dir poco infuriato per le ultime prescrizioni necessarie a rimettere in carreggiata le storiche vetture. Tradotto: servono altri lavori sulla linea e anche sulle carrozze. Quelli già fatti non sono più sufficienti: perché adesso c’è di mezzo un nuovo regolamento arrivato da Roma il primo agosto. Il documento elenca una serie di accorgimenti strutturali e sui singoli tram.
La tegola si abbatte sulla leggendaria tramvia a otto anni esatti dal pit stop forzato: era il 16 agosto 2016 quando l’incidente tra due vetture aveva bloccato tutto. La Trieste-Opicina è ferma da quella volta.
«Adesso basta, vado in Procura, perché con questa burocrazia romana non partiremo mai», sbotta il sindaco. Anche perché il Comune sostiene di aver ormai concluso tutti gli interventi in programma e che quindi le vetture biancoblù sarebbero pronte, prontissime, per riprendere a correre sui binari.
Le nuove opere aggiuntive richieste
Un nuovo regolamento, dunque. Il documento, inviato a Trieste lo scorso primo agosto dall’Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, in pratica l’ex Ustif) con protocollo numero 0057018, è stato partorito in nove mesi da una commissione composta dalla stessa Ansfisa, da Ferrovie dello Stato, Regione Fvg, Trieste Trasporti e Comune di Trieste.
L’aspetto curioso, spiegano dal municipio, è che questo nuovo regolamento del tram di Opicina farà da modello per tutte le infrastrutture tranviarie del Paese. L’aspetto beffardo, invece, è che il documento ci costringe a rimanere ancora ai box.
Dopo otto anni. Perché, fanno sapere dal Comune, diversamente dalle attese municipali, le opere aggiuntive riguardano l’intera linea: binari, scambi, recinzioni. A ciò si sommano altri lavori sulle carrozze: freni, assali delle ruote, dispositivi di sicurezza.
Le reazioni
Quanto costa? Il Comune è disponibile a sobbarcarsi una spesa che si immagina consistente? E quanto durerebbe un cantiere del genere? In municipio hanno mal digerito il nuovo documento romano, sebbene frutto di una commissione di cui è parte pure il Comune.
Che, dal canto suo, vorrebbe che le opere sollecitate in quel regolamento fossero avviate in occasione delle manutenzioni future. Quindi spostate più in là. Anche perché in occasione delle verifiche successive ai lavori del 2014 l’intera linea non era stata oggetto di rilievi dall’Ansfisa (all’epoca Ustif). E il percorso è sempre lo stesso, così come le vetture e le normative.
In questi anni, dopo l’incidente del 2016, sono stati aperti cantieri su tre punti del percorso, proprio con l’obiettivo di ripartire: lungo il tratto che va dal deposito di Opicina all’Obelisco, quello di Banne e la zona di Campo Cologna. Sono stati sistemati l’armamento (binari, traversine, giunti, massicciate, scambi), i semafori e gli impianti tecnologici.
Da quanto risulta questi interventi, o parte di essi, andrebbero ora estesi al resto.
La disponibilità del Comune
Il Comune, in attesa di capire a fondo come gestire le nuove prescrizioni, per il momento sarebbe disposto a impegnarsi subito su alcune migliorie al progetto originario già concordate a settembre: la ricalibratura di una giunzione tra due rotaie situate circa duecento metri a monte di Campo Cologna (un innesto “a spigolo” che va aggiustato), la revisione dei meccanismi degli scambi di tutto il percorso Trieste-Opicina e la recinzione dell’area di Cologna; e, ancora, sulle vetture: l’installazione dei freni a pattino e di un “vigilante”, vale a dire un sistema di sicurezza autofrenante.
La denuncia: «Questo è ostruzionismo»
Accorgimenti che erano già stati assegnati a una ditta e che stavano per essere messi in lavoro, ma poi stoppati in virtù del regolamento che la commissione stava preparando.
«Ora ci confronteremo con questa agenzia per capire come andare avanti – sospira Dipiazza – perché obiettivamente un tram non può avere gli stessi vincoli di un treno che va a duecentosessanta all’ora, questo è ostruzionismo. L’Italia è in mano alla burocrazia – osserva il sindaco – e si arriverà a un punto per cui il sottoscritto andrà in Procura. Dopo otto anni la città è stufa e io non intendo rovinarmi un’immagine politica costruita in decenni per colpa del tram».
L’assessore alle Politiche del patrimonio Elisa Lodi concorda. «È paradossale che si vadano a richiedere nuove opere su tratti che non erano oggetto degli interventi post incidente. In questo modo si va a bloccare la linea – precisa – perché ci stiamo incardinando in una strada che non consentirà di riaprire a breve. Questo il Comune non lo vuole: noi intendiamo attuare le migliorie sui tratti già nel progetto, non sull’intero percorso. Il tram potrebbe infatti già ripartire e quegli interventi indicati nel regolamento si possono programmare eventualmente per il futuro». —
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