Trieste e la sfida di Porto Vecchio

Porto Vecchio allargherà la città, proprio come il Tram di Opicina, Ma non basta allargarla questa Trieste. Molto dipende da come verrà riempito Porto Vecchio: c’è il contenitore e c’è il contenuto

Pietro Comelli
Lasorte Trieste 17/10/24 - Antica Diga e Porto Vecchio
Lasorte Trieste 17/10/24 - Antica Diga e Porto Vecchio

Il Tram di Opicina è la metafora della città. I saliscendi di Trieste e le sfide che ci aspettano. Una su tutte: Porto Vecchio. È un’area la cui vastità (e potenzialità) i triestini non hanno ancora ben compreso.

Dopo tutto nello scalo, a parte le attività di un tempo, semmai bastava ormeggiare la barchetta, parcheggiare l’auto in uno sgangherato Molo IV e lasciarsi alle spalle, in tutta fretta, il terrapieno di Barcola, prima della canonica nuotata e abbronzatura (anche fuori stagione).

Non è così, non può più esserlo. In una Trieste priva di retroterra, retaggio della storia del Novecento, sempre più anziana e con un calo demografico costante, quei 66 ettari sono un’opportunità tutta da sfruttare.

Porto Vecchio allargherà la città, proprio come il Tram di Opicina, mostrerà e farà vivere il mare a una realtà affacciata sul golfo ma, troppo spesso, incapace di capirne la ricchezza e perfino di osservarlo quel mare.

Certo, non basta allargarla questa Trieste. Molto dipende da come verrà riempito Porto Vecchio: c’è il contenitore e c’è il contenuto. E soprattutto gli obiettivi, da prefissare e da centrare. Dovrà attirare nuove persone e nuove imprese, così da aggiungere residenti e posti di lavoro a quelli esistenti. In modo da aumentare la popolazione e trattenere i giovani triestini. I numeri e la qualità fanno la differenza. —

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