Le rassicurazioni di Costim sul Porto Vecchio di Trieste: «Rigenerazione urbana senza scopi speculativi»
L’amministratore delegato Albertini Petroni sulla tenuta del project:
«Un piano di lungo periodo con investitori e collaborazione di attività locali»
«Siamo consapevoli della responsabilità, ma sappiamo cosa fare». Davide Albertini Petroni, amministratore delegato del gruppo Costim, la società di real estate developer che con Elmet e Impresa Percassi ha firmato la proposta di project financing per la riqualificazione del Porto Vecchio, entra per la prima volta nei dettagli del progetto da 620 milioni che si propone di riqualificare costa e magazzini dei66 ettari di scalo. Il progetto più importante mai consegnato alla città in epoca contemporanea, destinato – qualora il gruppo bergamasco dovesse aggiudicarsi la gara – a dettare i principali assetti economici, urbanistici e sociali di Trieste per i prossimi cinquant’anni. Almeno.
Tre parole per descrivere il vostro progetto?
«Direi inclusivo, internazionale, condiviso con il territorio».
Cosa ne pensate del recente voto in Consiglio comunale, che ha approvato la delibera sul project ma in un’aula profondamente divisa?
«Costim ha proposto un progetto. Non siamo entrati, né intendiamo entrare, nella dialettica politica. Ma è evidente l’interesse dei cittadini a essere informati».
Il forum “Why Trieste. Una nuova geografia per la città” promosso dal Piccolo e dal gruppo Nord Est Multimedia (che edita anche questa testata), con Gabetti Property Solutions, è stato il vostro debutto: come coltiverete questo rapporto con la città?
«Non appena verrà confermata la scelta del promotore, nel caso in cui dovessimo aggiudicarci il bando di gara è nostra intenzione essere costantemente presenti a Trieste e intrattenere interlocuzioni con tutti gli stakeholders, per conoscere davvero le esigenze dei cittadini. I progetti di rigenerazione non si calano dall’alto: dialogano con il territorio»
A breve inaugurerete Chorus Life a Bergamo: cosa c’è dentro?
«Chorus Life è un lascito della famiglia Bosatelli alla città di Bergamo: il più importante intervento di rigenerazione urbana realizzato negli ultimi anni nella città e tra i più significativi in Italia. Il cuore del progetto è il sistema di piazze e spazi aperti, che connettono le diverse funzioni abitative e di intrattenimento, inclusa una grande arena, oltre a servizi alberghieri e alla persona, come il centro benessere».
Potrà essere un modello per la costa, i moli e i 19 magazzini dello scalo?
«Questo è quello che auspichiamo accadrà anche in Porto Vecchio. Non si interverrà tanto nell’architettura, in considerazione della richiesta dello stato conservativo degli edifici esistenti, quanto nella valorizzazione degli spazi. I viali, le aree verdi e l’affaccio sul mare diventeranno gli elementi distintivi del progetto, aperti e pensati per la collettività, creando così un luogo d’incontro e rigenerazione per tutti».
Quello in Porto Vecchio sarà il progetto più importante tra quelli al momento seguiti dal gruppo: Costim è economicamente in grado di avviarlo e portarlo a termine?
«Progetti così grandi non si fanno da soli. La regia, come la parte interlocutoria, può essere unica, ma sarà opportuno dotarci di partner finanziari e operativi. Al momento di insediare tutta la parte alberghiera e di retail, ad esempio, avremo bisogno di coinvolgere realtà locali, che conoscano il territorio e vogliano partecipare».
Avete già avviato delle interlocuzioni? Chi sono queste realtà, in quale ambito operano?
«È evidente che prima della formalizzazione del nostro progetto non possiamo chiudere accordi. Ma abbiamo iniziato a interloquire con una serie di soggetti, quali possibili partner e coinvestitori, che agiranno in sinergia con Costim attraverso un’unica regia, per portare avanti lo sviluppo secondo le richieste del mercato. Per questo è avviata una fase di dialogo: per costruire una rete di realtà sia sul fronte del mercato internazionale, sia sul fronte locale e territoriale».
All’inizio del 2024 Costim ha avviato un percorso di rinforzo e riorganizzazione aziendale: quali sono stati i principali movimenti, e quali obiettivi vi siete posti?
«Il percorso di crescita del gruppo è stato supportato da un consolidamento degli assetti di governance, e da un potenziamento della struttura manageriale e patrimoniale. Il tutto accompagnato da un significativo investimento nella digitalizzazione, al fine di rafforzare il posizionamento come sviluppatore nel settore delle opere complesse di rigenerazione urbana e affermarsi come punto di riferimento per coinvestitori e committenti».
Altro timore è quello che il partenariato pubblico-privato possa tradursi in una speculazione edilizia conseguente all’alienazione di hangar e magazzini: quali garanzie date in merito?
«Porto Vecchio è un progetto di rigenerazione urbana e, per sua natura e logica, è un progetto di lungo periodo. Quindi, non può avere uno scopo speculativo».
Avete pensato al possibile impatto sul mercato immobiliare locale? Al termine dell’operazione cambierà il modo di abitare e acquistare casa?
«L’obiettivo del progetto è affrontare, e per quanto possibile soddisfare, l’esigenza abitativa nelle varie forme in cui si manifesta».
A che target di utenti e residenti puntate? Porto Vecchio sarà un quartiere per tutti, o una zona di lusso, riservata solo a una parte dei cittadini?
«Porto Vecchio sarà una ampia porzione di città, non solo un quartiere, dedicato e aperto a tutti. Dal punto di vista immobiliare vi sarà un ampio target di riferimento, come sempre avviene in questo tipo di progetti che devono essere orientati all’inclusione e alla coesione sociale per una nuova centralità urbana».
C’è una parte di Trieste che chiede di insediare in Porto Vecchio realtà internazionali: nei magazzini ci sarà spazio anche per centri di ricerca, università, industrie, imprese all’avanguardia?
«Sarà necessario trovare un giusto mix di funzioni, tale per cui questo intervento realizzi la centralità che si diceva. Che non è fatta solo da residenze, uffici e alberghi, ma da funzioni pubbliche e servizi per le persone, culturali e di intrattenimento».
In che modo tutto questo si connetterà, e integrerà, al resto della città?
«È importante sottolineare che il progetto presentato è studiato in modo unitario, ma è anche necessariamente flessibile, perché la domanda è soggetta a cambiamenti: pensiamo solo alla domanda immobiliare di dieci anni fa, che era completamente diversa da quella attuale. È quindi necessario creare un progetto che possa essere attuato per fasi tenendo in considerazione l’evoluzione del mercato, man mano che la domanda si evolve, come anche dell’evoluzione demografica e del cambiamento climatico».
Che misure adotterete per contenere l’impatto ambientale del progetto?
«Tra le linee guida del project c’è la realizzazione di un impianto di teleriscaldamento in Molo III, che utilizzerà l’acqua del mare per produrre energia elettrica a servire l’intero quartiere rigenerato. Lo realizzeremo noi, con fondi nostri assieme ai nostri partner specializzati. Il tema della cogenerazione e dell’ottimizzazione delle prestazioni energetiche è presente in tutti i nostri progetti di Esg Compliance».
A che standard di qualità puntate?
«Non esiste uno standard, ma una serie di standard di residenzialità, soluzioni alberghiere o di retail, diversificate in base alla domanda. Noi puntiamo all’eccellenza». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo