Borean a Link: «L’Ai una rivoluzione ma servono regole per evitare fake news dagli effetti gravi»

Alla Link arena il confronto fra il capo della finanza di Generali, Borean, e il docente di astrofisica Trotta sull’impatto dell’intelligenza artificiale

Piercarlo Fiumanò
l’incontro sull’AI con Borean, Trotta e Regiona alla Link arena. Foto Lasorte
l’incontro sull’AI con Borean, Trotta e Regiona alla Link arena. Foto Lasorte

TRIESTE L’economista premio Nobel Robert Shiller la definì “esuberanza irrazionale dei mercati”. Uno stato di euforia permanente spesso non giustificato dai fondamentali economici. L’intelligenza artificiale è una possibile minaccia oppure sarà la nuova new economy?

«Questa è una rivoluzione pari a quella di Internet dalla quale non si torna indietro»: risponde così Cristiano Borean, capo della finanza di Generali con un PhD in fisica delle particelle, che Link Media Festival ha messo a confronto sabato con un altro protagonista d’eccellenza, Roberto Trotta, docente di astrostatistica all'Imperial College di Londra e professore alla Sissa di Trieste, dove coordina il gruppo di Teoria e Scienza dei Dati. Ed è proprio dai dati che bisogna partire per capire l’impatto delle applicazioni dell’intelligenza artificiale, come ha ricordato la giornalista scientifica Simona Regina che ha moderato l’incontro.

Per Trotta l’AI significa machine learning, in sostanza «l’apprendimento automatico in base all’algoritmo che è in grado di imparare dall’esperienza. Lo troveremo ovunque, nei film, nelle canzoni, nel libro che stiamo leggendo, nell’auto senza pilota e in campo sanitario nella diagnosi a distanza. Siamo di fronte a un formidabile ecosistema di reti neurali che produce energia e innovazione in tutti i campi». Sistemi rivoluzionari e non un’illusione ottica come credevano i prelati romani di fronte al telescopio di Galileo. Trotta, che applica l’analisi dei dati allo studio dell’energia oscura, della materia oscura e dei primissimi istanti di vita del cosmo, parla di «una innovazione storica ma bisogna far luce sulla zona grigia che separa la tecnologia dalla velocità esponenziale con cui si evolve». Per Borean «la rivoluzione dell’AI nella nostra vita quotidiana potrà avere in futuro un impatto potenziale enorme ma per evitare potenziali distorsioni, anche nel campo della finanza, servono regole».

A Trieste, città europea «con il più alto numero di ricercatori per mille abitanti», le Generali hanno creato il Data Science & Artificial Intelligence Institute insieme agli enti di ricerca della regione (Sissa, Centro di fisica teorica, Mib Trieste, Università). Un modello in questo avamposto del Nord Est ma c’è molta strada da fare: «L’Italia – ha detto Borean – ha un forte ritardo tecnologico ed è solo sedicesima nell’Ocse per competenze sull’intelligenza artificiale. Per rimediare a questo gap bisogna creare un’alleanza pubblico-privato. Un circolo virtuoso dal quale può nascere una piattaforma comune e interconnessa fra imprese e scienza».

Per fare passi avanti è necessario che scienza e economia si incontrino e si scambino in parte i ruoli: «L’intelligenza artificiale è ormai ovunque. Il problema è come estrarre l’ago della conoscenza dalla mole di dati che abbiamo a disposizione», aggiunge Trotta. Borean fa un esempio illuminante: «All’intelligenza artificiale bisogna saper fare le giuste domande. È questo quello che dobbiamo insegnare alle nuove generazioni». Le applicazioni sono già innumerevoli: «Siamo di fronte a una rivoluzione tecnologica che ci impone anche di pensare alla regolamentazione e al controllo del suo utilizzo. Questo al fine di evitare conseguenze negative gravi».

Borean fa l’esempio delle fake news: «Ci sono algoritmi che studiano il tono di voce dei manager quanto presentano i risultati per prevederne le decisioni. È chiaro che il rischio dei deepfake, l’uso e la riproduzione fraudolenta di false immagini, è molto presente e bisogna difendersi».

Il top manager ricorda che il 40% dei titoli scambiati ogni giorno sui mercati è in mano agli algoritmi. «Questo è un gioco che non deve sfuggirci di mano», riflette Trotta. Una accelerazione che sta lasciando molte persone indietro sul mercato del lavoro, come ricorda il docente della Sissa quando cita il caso di Ibm che ha rinunciato a 5 mila posti da programmatore.

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