Scoprire il Fvg, dove nasce il Re dei fiumi: il Tagliamento selvatico e misterioso

Esplorarlo nel suo alto corso rimane un’esperienza emozionante, originale e tutto sommato facile. Che può svelare molti segreti tra i sentieri che lo costeggiano 
Alessandra Beltrame

Dici Tagliamento e pensi all’ampio fiume che scorre in pianura fra le province di Udine e Pordenone. Ebbene, c’è un altro Tagliamento, ben più nascosto e selvatico, impetuoso e drammatico, che scorre più su, in Carnia.

Scoprire il Re dei fiumi alpini nel suo alto corso è un’esperienza emozionante, originale e tutto sommato facile. Basta sapere dove addentrarsi nei sentieri per cogliere i tratti dove camminarci accanto. Ci ha pensato la Società Alpina Friulana con “I segreti del Tagliamento” (dall’omonimo libro di Cristina Noacco, Ediciclo Editore), progettando una serie di escursioni e conferenze. Una riguarda l’alto corso, “Il Tagliamento nascosto”, ed è quella che qui vi raccontiamo, seguendo l’itinerario proposto nel’agile guida stampata per il progetto. Un’escursione guidata dal geologo Corrado Venturini con il Cai di Forni di Sopra si svolgerà il 10 ottobre, ma chi vuole andarci subito non ha che da seguire alcune semplici indicazioni.

Il cammino, fra andata e ritorno, è di circa quattro ore pari a 11 chilometri con 200 metri di dislivello. Il percorso richiede un moderato impegno fisico, si sviluppa lungo la parte più selvaggia e sconosciuta del grande fiume costeggiandolo sulla riva sinistra prevalentemente all’interno di faggete e, per un brevissimo tratto, sul greto.

Prima di arrivare a Forni di Sotto, passata la nuova galleria del Passo della Morte, si scende a destra imboccando per un breve tratto la statale 52 dismessa dove si può parcheggiare nei pressi della casa cantoniera. Qui, andando nella direzione opposta rispetto alla vecchia galleria, si segue una stradina fino al grande stavolo Mattia, che si lascia sulla destra su una pista forestale. Oltre un boschetto di faggi, ecco lo stavolo Mezzan e, proseguendo a sinistra nel bosco, il ponticello sulla profonda e stretta forra scavata dalle acque, l’Orrido di Rascie (attenti a non sporgervi!).

Si prosegue sul sentiero in una bella faggeta e, al bivio con i ruderi dello Stavolo del Mur, si prende a destra. Dopo tre chilometri si entra nel greto del Tagliamento e poi, rientrati nel bosco di faggio, si imbocca una pista forestale sulla destra che conduce al ponte di Caprizzi, l’approdo dell’escursione.

Pochi sanno che nel Settecento qui c’era un lago, formato dalla frana che il 15 agosto 1692 si staccò dal Monte Auda. Trenta milioni di metri cubi di roccia e fango scivolarono su un piano argilloso, fradicio per le abbondanti piogge di quell’anno. Qualcosa che ricorda molto quel che avvenne la sera del 9 ottobre 1963 con il Monte Toc sul Vajont. La frana del Monte Auda travolse il paesino di Borta e formò una colossale diga naturale alta fino a 140 metri che fermò il fiume, formando un bacino lacustre, il lago di Caprizzi appunto. Lungo almeno 7 chilometri e profondo 90, il lago però scomparve in cent’anni, il tempo che l’acqua impiegò per erodere lo sbarramento. Potenza del fiume. Ora non resta che un ricordo, per chi sa leggere il territorio se ne vedono le tracce. Al rientro, recuperata l’auto, si può salire di qualche chilometro lungo la strada per osservare il luogo della frana e immaginare Borta, il paese che non c’è più. —


 

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