Vent’anni fa Susanna Tamaro firmò la regia del suo primo film

Girato in gran parte a Trieste e dintorni, si ispirava nello stile alle opere di Tarkovskij. Storia di una famiglia lacerata e di un riscatto trovato nella fede
Paolo Lughi
Il film “Nel mio amore” di Susanna Tamaro, con Licia Maglietta, Urbano Barberini, Vincent Riotta, Italia 2004
Il film “Nel mio amore” di Susanna Tamaro, con Licia Maglietta, Urbano Barberini, Vincent Riotta, Italia 2004

«Già, io scrittrice triestina giro un film nella mia città. Seguo la moda. Lo fanno in tanti adesso, non posso farlo io?». Così scherzava Susanna Tamaro in un’intervista al “Piccolo” del primo novembre 2003, in una pausa delle riprese d’interni al Castello di San Giusto della prima (e unica) pellicola da lei diretta, “Nel mio amore”.

Era naturale che l’evento fosse molto seguito dalla stampa in quei giorni, anche con inviati dei grandi quotidiani, perché vent’anni fa quell’incontro fra la Tamaro e il set, fra la Trieste letteraria e quella cinematografica, riguardava l’incrocio fra due singolari casi di successo.

Susanna Tamaro in quel momento era all’apice della notorietà. Dopo il best seller del 1994 “Va’ dove ti porta il cuore” (16 milioni di copie vendute in tutto il mondo), la scrittrice aveva replicato tre anni dopo il boom editoriale con “Anima mundi” (5 milioni di copie). Nel 2000 aveva firmato per la Rizzoli e aveva quindi dato vita alla Fondazione Tamaro per progetti di solidarietà. Cercata da tutti ma notoriamente schiva e anticonformista, presto ritiratasi in campagna in Umbria, suscitava ora nuova curiosità con questa prima regia nella sua città natale.

Trieste poi stava vivendo agli inizi dei Duemila un boom oltre le aspettative come duttile location cinematografica e televisiva.

Con l’impulso dato dalla neonata Friuli-Venezia Giulia Film Commission, ospitava troupe in serie. Solo nei giorni dei ciak della Tamaro stavano lavorando in città altre due produzioni di un certo rilievo, “Gli occhi dell’altro” di Giampaolo Tescari e il film-tv “Mio figlio” di Luciano Odorisio. E presto sarebbero arrivati i registi da Oscar, Tornatore e Salvatores.

Ma in quel novembre di vent’anni fa, “Nel mio amore” di Susanna Tamaro sembrava rappresentare il vero asso nella manica di questa nuova Cinecittà di confine.

Prodotto dalla gloriosa IIF di Fulvio Lucisano, il film vedeva protagonista Licia Maglietta, sensibile attrice all’epoca sulla cresta dell’onda, pluripremiata per il fresco trionfo di “Pane e tulipani”. Oltre un mese durarono le riprese in città, principalmente a villa Tripcovich in Strada del Friuli (casa del barone Raffaello de Banfield), che qui diventa l’opulenta abitazione di una famiglia ricca ma lacerata. Si intravedono tuttavia anche diversi nostri luoghi “iconici”: Piazza dell’ Unità, il Molo Audace, Miramare, Barcola, la Costiera. Gli episodi ambientati in montagna, alternati nel film a quelli cittadini, sono girati invece in Slovenia, sul lago di Bohinj. Il tutto è illuminato dallo sguardo ispirato di Giuseppe Lanci, direttore della fotografia di maestri quali Bellocchio e Tarkovskij.

Quella di Tarkovskij non è una citazione casuale, perché la scelta di Lanci da parte della Tamaro risulta decisiva per lo stile visivo del film (che per il senso fisico della natura si rifà appunto anche a Tarkovskij) ed è strettamente connessa con la formazione della scrittrice.

Un precoce amore per il cinema caratterizza infatti Susanna Tamaro, che si appassiona alla Settima Arte da ragazza a Trieste vedendo in tv proprio “Andrej Rublëv” di Tarkovskij e frequentando il cineclub La Cappella Underground, dove scopre altri grandi cineasti dell’Est Europa come Ioseliani e Zanussi. Dopo le superiori decide di diventare regista e viene accettata a Roma al Centro sperimentale di cinematografia, con Zurlini docente di sceneggiatura e Lanci di fotografia.

Nel 1977 è aiuto regista di Salvatore Samperi, che proprio a Trieste sta girando “Ernesto” tratto da Saba. Negli anni '80 è regista di documentari per la Rai, scrive per il cinema una storia di vampiri, ma poi si dedica sempre più alla scrittura.

Però subito dopo il successo letterario, nel 2002, annuncia di voler portare sul grande schermo “L'inferno non esiste”, secondo dei tre racconti della sua raccolta “Rispondimi” (2001), e scrive il copione di “Nel mio amore” con l'amica di sempre, la sceneggiatrice Roberta Mazzoni. «Per me il cinema è un ritorno al mio primo amore - dichiara la Tamaro in un'intervista - Io, agli inizi, volevo fare la regista».

Ma che tipo di film è “Nel mio amore”? Vicenda straziante legata, come spesso nelle storie della Tamaro, ai temi della memoria e del recupero di sé, la pellicola racconta una vita infelice che si trasforma in ascesi spirituale. Stella (Maglietta) torna nella casa sul lago dove è cresciuta, densa di ricordi e di simboli, per fare i conti col passato: un drammatico antagonismo che oppone il marito despota (Urbano Barberini) al figlio, la morte di quest'ultimo investito involontariamente dal padre dopo l'ennesima lite, il marito che poi muore d’infarto. Ma l’incontro in montagna con un prete avvicinerà Stella alla fede e al recupero del rapporto con l’unica figlia rimasta.

Il film è visivamente evocativo, come detto, del cinema metafisico dell’Est Europa, nonché di un “sentimento nordico del paesaggio che sembra ribadire che il mondo di fuori è bello, mentre brutto è ciò che accade fra le quattro mura” (Tullio Kezich). Però, più che i conflitti d’anime alla Strindberg, “Nel mio amore” sembra rincorrere, nell’ineluttabile concatenazione da incubo delle disgrazie e nel degrado dei rapporti umani, i popolarissimi e magnifici melodrammi anni ’50 di Raffaello Matarazzo.

La Maglietta, poi, ricorda nella sofferta rassegnazione e nel fisico la protagonista di quei capolavori incompresi, Yvonne Sanson. «Licia Maglietta è l’attrice a cui ho pensato fin dal primo momento», confessa la Tamaro ad Alessandro Mezzena Lona in un’intervista sul “Piccolo”.

Ma ormai già agli albori degli anni Duemila il tipo di melodramma preferito dal pubblico è quello patinato di Gabriele Muccino (“L’ultimo bacio”, 2001). Così, benché uscito in 120 sale nel settembre 2004, “Nel mio amore” incassa solo 166mila euro ed è accolto freddamente dalla critica, sebbene Tullio Kezich scriva sul “Corriere”: “La Tamaro si conferma una voce sola che conserva un timbro di originalità anche al cinema”.

E pur avendo annunciato, prima dell'uscita, di voler continuare a dirigere film, questa è rimasta l'unica regia per un lungometraggio di Susanna Tamaro.

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