Saba pubblicava nei cataloghi una “rubrichetta” con la lista nera dei clienti che non pagavano i libri
Nomi e città di provenienza dei morosi, unico in Italia a farlo. Ma dichiarava anche l’avvenuta regolarizzazione
TRIESTE All’inizio del suo cursus honorum nell’antiquariato libraio, Umberto Saba confida al grande intellettuale fiorentino e vociano Giovanni Papini «io non amo che cose buone, maturate in silenzio e con lentezza, mi trovo obbligato a dover fare ogni giorno dieci e più cose diverse; libreria, reclami per cinematografi, preoccupazioni familiari, questioni con le disordinatissime Messaggerie etc. etc».
Tutto per poter guadagnare a malapena mentre, e qui è lampante l’invidia, «gli ebrei che ho d’intorno, sanno guadagnare 10.000 lire con un semplice colloquio al caffè».
Insomma, non era passato un anno dall’inaugurazione della libreria che già il novello libraio, - di cui da anni con Marco Menato ci interessiamo – mostrava segni di impazienza! In primis con i suoi amici che lo definivano in bizzarri modi: per Bazlen era solo un libraio (e quindi per nulla poeta); per Alberto Vigevani, altro principe dei librai milanesi, era più poeta che mercante; per Biagio Marin poi il Saba poeta traeva alimento dall’essere un sordido libraio. Insomma ritratti poco lusinghieri; e questi erano gli amici.
Certo poi Saba ci metteva del suo quando accusava Carlo Cerne di voler partecipare al convegno di “immondi librai”, ossia la riunione dell’Associazione nazionale librai antiquari nata nel 1947.
Ma il meglio era quando Saba affrontava il cliente corpo a corpo. Peste lo colga quel cliente che, entrato ad acquistare un libro, gli chiedeva se aveva ancora il passatempo di pizzicare le muse con la poesia. “Ma io sono un poeta soprattutto!”. E lo cacciava in malo modo.
E pensate quando un cliente chiedeva uno sconto… In una lettera del 20 agosto 1930 indirizzata al libraio e bibliofilo Marino Parenti, Saba comunica che a malincuore può fare uno sconto del 10% in quanto «gli esemplari d’antiquariato sono quasi sempre in copia unica; ed io cerco di fissare per essi i prezzi minimi possibili. Questo per spiegarvi il motivo che non posso accordare sconti maggiori». Ad un altro, meno famoso del Parenti, dichiara che i libri sono tutti già scontati di partenza e quindi la richiesta di uno sconto sarebbe offensiva; ma poi a Tammaro De Marinis chiedeva sconti sui libri in contovendita.
E se il cliente, ottenuto lo sconto, non avesse pagato? Questione non da poco se, come sappiamo, l’affitto del locale in Via San Nicolò 20, verso gli anni Trenta era sulle 7200-7500 lire annue. Ebbene, qui l’ira di Saba era funesta, senza tener conto di privacy e querele. Nei cataloghi 6, 8, 15, 21, 22, 27 e 35 Saba inserisce, unico libraio italiano a farlo, la rubrichetta “Clienti morosi”, nella quale registra i nomi e le città di provenienza, dall’Italia e dall’estero, di chi non aveva mai colmato il debito: «Devo, con mio rincrescimento, incominciare da questo Catalogo, seguendo l’esempio dei Colleghi antiquari del Regno, a pubblicare i nomi dei debitori morosi, i quali, malgrado le mie sollecitazioni, non hanno corrisposto ai loro impegni. L’elenco sarà continuato nei prossimi cataloghi, se nel frattempo essi non si metteranno al corrente. Quando anche questa misura si rendesse inutile, ricorrerò, contro li stessi, ai mezzi legali».
Nel catalogo ottavo (giugno 1925) persevera: «Continuerò nel prossimo catalogo l’elenco dei clienti morosi, i quali, molte volte per piccoli importi, non degnano mettersi al corrente con la mia libreria».
Nessuna risposta ottenne senonché nel catalogo 34 (maggio 1931) dichiara ancora che “passeremo gli atti al nostro legale” (ma aveva anche il buon gusto di dichiarare chi si fosse messo a posto con i pagamenti). La disdetta di Saba: avere a che fare con clienti vivi che chiedevano ad un morto (lui) libri di morti, in una città, Trieste, dove, confidò a Lina, sono considerato meno di Silvio Benco, mi tocca fare il venditore di libri usati invece di fare il poeta e se, infine, mi viene trovare qualche amico, come Bruno Pincherle mi tocca parlare… di libri! Mai contento! —
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