L’unico film di Susanna Tamaro e i misteriosi Tarsia e Menassé
I cent’anni che il pittore Aldo Bressanutti festeggerà il 31 ottobre, con tre mostre che gli rendono omaggio a Trieste, la città dove visse da ragazzino e una lunga parte della vita da adulto, e a Monfalcone, dove attualmente risiede e continua a dipingere. Al secolo dell’artista, nello sfoglio del Piccololibri di domani si affianca un anniversario: il ventennale di “Nel mio amore”, primo e unico film girato da Susanna Tamaro a Trieste e sul lago di Bohinj in Slovenia, con la fotografia di Giuseppe Lanci, suo docente al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove la scrittrice studiò con l’obiettivo di diventare regista.
È lo stesso Bressanutti, intervistato da Marianna Accerboni, a raccontare la sua biografia da film: nato su un carro di carbone, bimbo ramingo che dormiva nei portoni di Cittavecchia o nel giardino davanti alla Posta centrale, scoprì giovanissimo la passione per l’arte, acquistando tre pennelli, tre colori e iniziando a dipingere su un pezzo di tela ritagliato da una branda dell’obitorio dell’Eca, l’ente comunale di assistenza di Trieste... Da lì non si è più fermato, sviluppando un suo personalissimo, meticoloso e inconfondibile tratto per interni ed ambienti.
Quanto al film della Tamaro - la storia di una famiglia lacerata e di una madre, l’attrice Licia Maglietta, che attraverso l’incontro con la fede supererà lo strappo tragico dai suoi affetti - non ebbe il successo sperato, come ci racconta il critico Paolo Lughi, nonostante la scrittrice fosse all’apice della fama dopo i sedici milioni di copie di “Va’ dove ti porta il cuore” e la stessa Maglietta reduce dal trionfo del film “Pane e tulipani”. “Nel mio amore” incassò solo 166mila euro e Tamaro, pur annunciando di voler girare ancora lungometraggi, alla fine ritornerà alla scrittura.
L’inserto Piccololibri, domani in edicola con il nostro quotidiano all’interno del fascicolo letterario Tuttolibri della Stampa, dedica il paginone centrale alla figura dell’abate Lazzaro Spallanzani, uno dei più grandi naturalisti di tutti i tempi, e alla descrizione dei suoi bizzarri e geniali esperimenti, in una brillante ricostruzione firmata dal fisico Giuseppe Mussardo. Dai fenomeni dell’ibernazione a quelli della respirazione, dai processi della digestione alla riproduzione artificiale, non c’è campo in cui Spallanzani non abbia misurato intelligenza, intuizioni e modalità pionieristiche di sperimentazione, al punto da trasformare il suo stesso corpo in uno strumento di indagine e verifica.
Chi era Antonio Tarsia? È Luisa Antoni a tratteggiare la misteriosa figura di questo nobile capodistriano, di cui non esiste nemmeno un’immagine, che fu organista e maestro di cappella del duomo della cittadina fino alla morte, nel 1722, e autore di trascrizioni e di composizioni originali, sia sacre sia profane. Studiosi e musicisti sloveni e italiani stanno riscattandolo da un oblio di oltre due secoli, ricostruendo il personaggio e il suo lascito, conservato nell’archivio vescovile di Capodistria, in vista della registrazione di un album monografico con artisti specializzati in musica dei Seicento.
Conclude lo sfoglio del Piccololibri il ritratto dell’inquieto ebreo triestino Giuseppe Menassé, affidato all’analisi del critico Fulvio Senardi. Primo traduttore di Kafka, di cui curò la versione italiana di quattro racconti editi nel 1928 dall’anticonformista rivista “Il Convegno”, giornalista del “Popolo di Trieste” e autore di racconti, abbracciò l’ideologia fascista fino agli estremi di un viscerale antislavismo. Morirà a Toronto nel ’79, dopo il fallito tentativo di ritagliarsi un ruolo nella cultura triestina del dopoguerra.
La copertina del Piccololibri ricorda infine l’ultima apparizione di Vittorio Gassman al Rossetti, nell’ottobre 1996, nel recital d’addio alle scene “Amore e corpo”, preceduto da una sigaretta, e nemmeno l’ultima, fumata davanti al mare di Trieste. Ar.bor.
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