A Villa Manin la mostra di Zimoun dà voce ai cartoni

Viaggio nelle visioni acustiche e nei suoni del nostro tempo. 

Le opere sono in bilico tra creazioni naturali e invenzioni dell’ingegno

Alberto Rochira

Un insolito itinerario di scoperta che si snoda tra imponenti installazioni e architetture sonore costruite utilizzando principalmente materiali semplici, provenienti dalla vita quotidiana e dai cicli di produzione industriale: cartone, motori a corrente continua, cavi, fili per saldatura, longheroni di legno. A proporlo negli spazi della Villa Manin di Passariano da sabato 28 ottobre al 17 marzo, è il visionario artista e sperimentatore svizzero Zimoun, autore di fama internazionale noto soprattutto per le sue opere installative, generalmente site-specific e immersive, che è il protagonista di una vasta e articolata mostra personale curata dal direttore della residenza dogale, Guido Comis.

Zimoun, la mostra a Villa Manin

In nove sale, altrettante opere che appaiono, nella loro enigmatica complessità ed emblematica purezza, quali veri e propri organismi viventi, «capaci di incantare - sottolinea il curatore - tanto per la dinamica dei movimenti, quanto per i suoni che producono».

Le installazioni di Zimoun, infatti, sono allo stesso tempo opere cinetiche, ma anche grandi strumenti sonori. Ciascuna delle creazioni dell’artista si compone, infatti, di elementi modulari che, azionati da motori elettrici, producono suoni ossessivi o ritmi ricorrenti. Le opere, come evidenzia il curatore, sono in bilico fra creazione naturale e invenzione dell’ingegno, fra studio e caso, fra geometria e astrazione. «Appaiono – spiega Comis - come affascinanti creature naturali tanto che chi le osserva è sollecitato a cercare il principio logico che ne governa il funzionamento, come si trovasse di fronte a un nuovo fenomeno della natura».

Ed è un fatto che, in quanto strumenti sonori, queste opere sono in grado di generare, senza l’intervento dell’uomo, rumori o ritmi distintivi che il fruitore è indotto, così come accade per i loro movimenti, ad associare a un fenomeno naturale. Impossibile, per il visitatore, non restare affascinato dal dialogo che le installazioni ospitate nelle sale danno luogo, per affinità o per contrasto, con l’architettura dell'ultima residenza dei dogi, con i suoi stucchi e gli affreschi alle pareti. Le decorazioni della dimora di Passariano sono caratterizzate sia da forme geometriche ricorrenti che trovano un rimando negli elementi ripetitivi delle installazioni, sia da profili sinuosi e colori, che contrastano con il carattere seriale delle creazioni dell'artista svizzero.

Utilizzando i principi meccanici della rotazione e dell'oscillazione, Zimoun mette in movimento i materiali, componenti semplici e funzionali, per produrre un'infinita serie di suoni. Ci si trova, così, davanti a quelle che la studiosa Laura Blereau, curatrice e coordinatrice della programmazione accademica del Newcomb Art Museum dell'Università di Tulane (Louisiana), definisce “piattaforme sonore di tipo architettonico”, opere che “articolano una tensione tra gli schemi ordinati del Modernismo e le forze caotiche della vita, tanto che il ronzio acustico dei fenomeni naturali nelle costruzioni minimaliste di Zimoun si riverbera senza sforzo”.

E, infatti, non è solo con l’architettura che le opere dialogano, ma anche con la natura e i suoi suoni. I battiti, i ronzii, le pulsazioni e i ticchettii prodotti dalle installazioni si confondono con i rumori della natura provenienti dal parco che circonda la villa: i cinguettii degli uccelli, il fruscio del vento, il tambureggiare della pioggia.

Ne deriva che l’opera di Zimoun, anche nelle intenzioni del curatore Comis, «è sicuramente un’opportunità di riscoperta degli spazi della villa, un modo nuovo per visitarla e per avvicinarsi alla natura che la circonda».

Lungo il percorso espositivo, colpisce che per le sue opere l'artista sviluppi piccoli, ma precisi apparati che, nonostante la loro apparente e quasi disarmante semplicità, sono in grado di generare, una volta attivati, una complessità “sonora e visiva” ipnotica e inebriante, soprattutto quando le installazioni e le sculture uniscono centinaia di congegni meccanici, dando luogo a una sorta di concerto perfettamente orchestrato.

Armonia, dunque, ma non senza contrasti, in un gioco che comprende anche l'ironia e l'ambiguità. “Perché le opere di Zimoun - scrive il gallerista e critico d'arte tedesco Ulf Kallscheidt in un breve e illuminante saggio dedicato all'autore - abbracciano continuamente posizioni oppositive, come i principi di ordine e caos. Possono essere disposte secondo uno schema geometrico o ordinate e installate secondo un sistema, ma si comportano in modo caotico e agiscono, all'interno di un quadro di possibilità accuratamente preparato, in modo incontrollato non appena vengono attivate meccanicamente”.

Seppure sia evidente che l'artista svizzero concepisca le sue installazioni come composizioni in senso musicale, è anche vero che non interviene direttamente nello sviluppo della 'ricaduta' sonora: non c'è alcuna regia dei sistemi meccanici attraverso strumenti analogici o digitali, ma l'autore si limita ad attivarli accendendo o spegnendo l'alimentazione elettrica. “Complessità primitiva”: così lo stesso Zimoun definisce il principio “autoperformativo” che governa la dinamica primordiale dei materiali stessi, i quali, dunque, vivono di vita propria.

Oltre alle composizioni installative, l'artista sviluppa anche opere puramente acustiche, dove grazie all'impiego di più altoparlanti, gli ascoltatori sono inseriti in un'architettura sonora tridimensionale che non può essere scoperta visivamente, ma solo acusticamente. Inoltre lavora a registrazioni con altri artisti della musica e delle arti visive. Numerose di queste registrazioni sono state pubblicate dall'etichetta Leerraum, che il poliedrico creativo nato a Berna nel 1977 ha fondato nel 2003 insieme al graphic designer Marc Beekhuis.

La mostra, aperta dalle 10 alle 19 da martedì a domenica (chiusa il lunedì, aperture straordinarie il 1° novembre, 8, 24 e 31 dicembre, 6 gennaio), è accompagnata da un catalogo con fotografie delle installazioni scattate nel contesto di Villa Manin. Realizzato dall’Ente regionale per il patrimonio culturale che gestisce la villa e sostenuto dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia, l'evento espositivo, per la parte relativa all'allestimento, si è anche avvalso del pre contributo degli studenti dell’istituto Isia Roma Design di Pordenone, con cui Erpac ha sottoscritto un protocollo di collaborazione.

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