Era il tempo delle comuni e delle prime abitazioni per gli universitari
TRIESTE L’anelito di libertà che caratterizzò il movimento sessantottino si espresse anche con la nascita in quegli anni delle primissime esperienze di comuni. Urbane, a Milano per esempio, o rurali, come la famosa comunità hippie di Ovada, sull'Appennino ligure-piemontese, che a partire dal 1970 accolse una novantina di ragazzi e ragazze provenienti per lo più da esperienze d’importazione, beat o hippie, oppure proprio dalla contestazione del ’68. In quegli anni a Trieste non vi furono storie di vere e proprie comuni, ma si verificò comunque un nuovo fenomeno abitativo, mai visto prima di allora. Nacquero infatti proprio in quegli anni sulla spinta libertaria del ‘68 i primi appartamenti di studenti universitari, una novità assoluta per l’epoca.
Soprattutto per le ragazze, abituate da sempre ad abbandonare la casa paterna soltanto dopo essersi sposate e quindi nuovamente accasate con un uomo. Per molte donne l’esperienza di vivere in una comunità fuori dal tradizionale guscio familiare fu una vera a e propria conquista. Nella città giuliana le case condivise più celebri furono la Gatteria, appartamento di studenti in via Gatteri, e la Baberia, che come lascia intuire facilmente il nome fu una dimora tutta al femminile.
Si trattò, nella gran parte dei casi, di esperienze fuori dal comune, perché la maggior parte degli studenti e delle studentesse universitarie fuori sede erano ospitati nelle Case dello studente o nei collegi cattolici. Per la sesta puntata dedicata al ’68 triestino abbiamo intervistato la pordenonese Giordana Panegos, una delle abitanti della Baberia.
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