Dagli Stati Uniti all’Europa, nuova attenzione alle istanze sociali
TRIESTE Il ’68 fu un fenomeno globale, che toccò gran parte dei paesi del mondo, dall’Europa alle Americhe, con rivendicazioni simili, dettate però anche dalle condizioni sociali e geopolitiche dei diversi territori.
Un movimento le cui origini risalgono a metà degli anni ’60 negli Stati Uniti e che raggiunse la sua massima espansione nel ’68 in Europa Occidentale, con il suo apice del maggio francese. Alla creazione di un clima di speranza, che di colpo svecchiò l’intero paese, contribuì la grande attenzione del movimento per gli avvenimenti internazionali e la contemporanea esplosione di rivoluzioni e rivolte in tutto il mondo. L’apertura cosmopolita che caratterizzò il ’68 fu legata alla profonda convinzione che esistesse un pianeta giovanile con interessi sovranazionali in comune.
Al ’68 servivano però dei miti che potessero essere funzionali al movimento a livello globale: nacque così l'interesse per le rivoluzioni, cinese e cubana in particolare, e verso tutti i movimenti di liberazione dal colonialismo che in quegli anni procedevano di successo in successo.
Proseguiamo dunque la nostra incursione in quel periodo storico attraverso una serie di interviste ai suoi protagonisti, gli artefici del ’68 nel nostro territorio. Dopo l’anarchico Claudio Venza, uno dei partecipanti all’occupazione della facoltà di Lettere triestina, in questa seconda puntata sentiamo Giorgio Tamburlini, che visse il ’68 da studente in trasferta, dall’altra parte dell’Oceano, per poi tornare a Trieste negli anni immediatamente successivi con un bagaglio d’esperienze “americane” che sarebbero state determinanti per le sue scelte future.
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