Piccole osterie familiari sdoganate dagli Asburgo con un editto del 1784

L'imperatore aveva permesso la vendita per otto giorni, da qui il nome osmize che deriva dallo sloveno "osem" che vuol dire 8. Il precedente di Carlo Magno
Lasorte Trieste 04/06/09 - Gabrovizza, Sgonico, Indicazione Osmizze
Lasorte Trieste 04/06/09 - Gabrovizza, Sgonico, Indicazione Osmizze

Se è vero che il patrimonio enogastronomico, le tradizioni culinarie e le abitudini popolari sono parte integrante del capitale storico e culturale di un luogo, le osmize per Trieste ne sono un vero compendio, un “Landmark” direbbe un esperto di marketing.

Dovendo spiegare a uno straniero o a un turista curioso cosa siano le osmize, si potrebbe sommariamente dire che si tratta di un ambiente rustico e familiare dove gustare i prodotti del luogo accompagnati da un buon bicchiere di vino seduti su panche di legno. Ma, qui a Trieste, sappiamo che le osmize sono molto di più. Espressione del modus vivendi e sintesi di tutti i luoghi comuni che accompagnano i triestini, dalla goliardia alla predisposizione a capitalizzare gioiosamente il tempo libero, dalla passione per i prodotti cheap & chic alla volontà di trascorrere delle ore in compagnia. Di sicuro, sono una delle unicità di questo territorio, come godersi un “capo in b” nella luminosa piazza Unità, fare una camminata sulla Napoleonica o una gita sul tram, “nato disgrazià” e infatti più fermo che in movimento da alcuni anni a questa parte. Eppure, si sa che se non per il nome, le osmize non hanno un copyright. Appena superata Duino ed entrati nella Bisiacaria, si dipana il mondo delle sempre aperte “private”, stesso format ma ancora più naif. E, dopo Cormons, non si scappa, si entra nel territorio delle “frasche”, la versione friulana di osmize e private dove imperano la briscola, il merlot e, il fu, Tocai.

Le osmize triestine doc, invece, aprono prevalentemente dalla primavera e sono collocate nell’immediata periferia di Trieste, dal Muggesano a Borgo San Sergio o San Giuseppe della Chiusa fino alle borgate dell'altopiano carsico come Gabrovizza o Monrupino. Gli ingredienti sono infallibili per un piatto unico e inimitabile: buon cibo, ottimo vino, panorami e contesti mozzafiato sul mare o in campagna, gente felice che ama trascorrere il tempo assieme. Ce ne sono di ogni tipo, minuscole nascoste negli anfratti di quel territorio meraviglioso che è il Carso-Kras, piccoli garage in abitazioni private, strutturate come agriturismi o incantevoli rimembranze di cascina toscana o, ancora terrazze con affaccio sul costone a strapiombo del Golfo. Qui la vista, e per fortuna anche un po’ la ragione dopo il terzo calice, si perde sull’orizzonte e quando la giornata è limpida si può vedere la costa croata fino a Punta Salvore. Di origine antica, si hanno notizie di queste particolari “osterie”, addirittura dall'810, quando Carlo Magno consentì ai viticoltori la vendita diretta del vino sfuso. Sarà comunque l’editto emanato da Giuseppe II d'Asburgo nel 1784, a sancire la preesistente e radicata usanza, permettendo ai contadini del Carso lo smercio dei propri prodotti nel cortile dell’abitazione per otto giorni. Da qui l'etimologia del nome osmiza dallo sloveno "Osem", ovvero "otto".

Oggi, non solo la libertà di gestione è ampia, ma la stessa forma di questo esercizio si è modificata evolvendosi in molteplici tipologie, pur mantenendo intatto il genuino spirito originario, l'atmosfera rilassata e informale e la gestione familiare. Nel menù casalingo vengono offerti prosciutto crudo, prosciutto cotto tagliato a mano con il kren, uova sode, formaggio carsolino e sotto aceti preparati in casa, anche se l’unicità di ciascuna rivendita prevede differenze proprio nella personalizzazione del menu. In alcune osmize, peraltro, in deroga ai dettami primordiali, si trovano anche piatti cucinati come minestre, frittate e dolci. Vero e proprio protagonista dell’offerta è il vino del Carso: un must il nerissimo Terrano – che nessuno in zona chiama con la doppia t, ma è quasi sempre detto Teran o Terano –, rosso e aspro, dal gusto intenso e deciso, la Glera dall'inconfondibile colore giallo intenso e dal sapore aromatico o, per gusti leggermente più raffinati e femminili, la Vitovska bianca, leggera e profumata, dal gusto secco e con sentori di mandorla. Il miglior consiglio per turisti e non, è di perdersi tra le stradine che si inerpicano sul Carso alla ricerca di una osmiza aperta. Il consiglio più pratico, invece, è di farlo dopo aver consultato il sito www.osmize.com che, in tempo reale e con aggiornamenti costanti, saprà indirizzare chiunque cerchi la più scenografica, la più tradizionale, la più fornita o, semplicemente, la più triestina delle osmize. —




 

Riproduzione riservata © Il Piccolo