Regeni, sbloccato il processo: gli 007 egiziani a giudizio

Sandra Fischetti
Uno striscione per Regeni davanti l’ambasciata egiziana a Roma
Uno striscione per Regeni davanti l’ambasciata egiziana a Roma

ROMA A distanza di 7 anni e mezzo dall’assassinio di Giulio Regeni e dopo un lungo periodo di stallo dovuto al rifiuto di collaborare dell’Egitto potrà finalmente cominciare a Roma, probabilmente l’anno prossimo, il processo a carico dei presunti responsabili della morte del giovane dottorando, anche in loro assenza. A imprimere la svolta la Corte costituzionale con una sentenza che sarà depositata nelle prossime settimane.

«Terribili delitti»

Una decisione accolta con «grande soddisfazione» dal procuratore di Roma Francesco Lo Voi – che già nel 2021 aveva chiesto il rinvio a giudizio di quattro alti funzionari della National Security Agency egiziana – e dai genitori di Giulio, che in tutti questi anni hanno portato avanti la battaglia per avere verità e giustizia. «Avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell’ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti», dicono i coniugi Regeni che con il loro avvocato Alessandra Ballerini, ringraziano chi li ha sostenuti, «la procura di Roma ed in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo». Esulta anche l’opposizione. È una sentenza «storica» dichiara l’ex presidente della Camera, Roberto Fico. Si vada ora «fino in fondo per rendere giustizia a Giulio, alla sua famiglia e all’Italia intera» auspica il leader del M5s, Giuseppe Conte. Per la segretaria del Pd, Elly Schlein è la prova che avevano ragione i genitori di Giulio: «anche se i suoi torturatori si sottraggono alla giustizia, coperti dall’Egitto, quel processo si deve fare e si farà! ». Il segretario di Azione, Carlo Calenda parla di una decisione che «restituisce fiducia e speranza». Mentre il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni rileva che «i giudici della Consulta si dimostrano più coraggiosi e dignitosi di tanti politici».

La corte costituzionale

Con la pronuncia che ha riacceso tante speranze la Consulta ha dichiarato illegittimo l’articolo 420 bis, comma 3, del codice di procedura nella parte in cui non prevede che «il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall’art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo», come recita il comunicato diffuso dall’Ufficio stampa, in attesa del deposito della sentenza. Ora il gup dovrà attendere il deposito della sentenza, prima di fissare una nuova udienza e procedere a un nuovo rinvio a giudizio, dopo quello già disposto nel 2021 e poi annullato dalla Corte d’assise di Roma

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