Gli scontenti della legge elettorale Fvg: i paradossi di una normativa che premia o punisce al di là dei voti

Dagli eletti che hanno preso tante preferenze in meno rispetto agli esclusi, fino al tema della rappresentanza femminile

Marco Ballico
L'aula del Consiglio regionale durante l'intervento di Renzo Tondo (Presidente Friuli Venezia Giulia). (Trieste 27/09/11)
L'aula del Consiglio regionale durante l'intervento di Renzo Tondo (Presidente Friuli Venezia Giulia). (Trieste 27/09/11)

TRIESTE Si lamentano in tanti. Dal centrodestra che vince, in particolare per quanto accade a Gorizia, a quello che rimane escluso (Autonomia responsabile), da Giorgia Tripoli a chi avrebbe voluto la doppia di preferenza di genere e vede invece, pure stavolta, poche elette in piazza Oberdan, meno di una su cinque.

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Le contraddizioni

Il tema è quello di una legge elettorale che ha mostrato non poche contraddizioni. Pierpaolo Roberti, assessore uscente alle Autonomie locali, lo sottolinea con parole forti: «È un sistema antidemocratico». Sotto accusa, dal punto di vista della maggioranza, regole che non traducono il dominio di Massimiliano Fedriga.

effetto voto
Roberti spera nel piano b
Pierpaolo Roberti

Secondo il dettato della Legge regionale 17 del 2007, avendo il candidato presidente del centrodestra superato il 45% dei voti, le liste a lui collegate ottengono il 60% dei seggi, e dunque 29 su 48. Il fatto però che Fedriga sia salito al 64% non cambia il rapporto di forze. Stravincere, in sostanza, non aiuta. Anzi, pur non essendo andata oltre il 28,4%, la coalizione di centrosinistra che si è presentata candidando Massimo Moretuzzo presidente conquista, grazie al premio di minoranza, il 40% dei seggi. Non solo: il Pd, quarto arrivato dietro a Lega, Fratelli d’Italia e Fedriga Presidente, conta su dieci consiglieri, tanto da risultare il gruppo più numeroso. Evidente il caso di Gorizia. In quel collegio, le liste dell’alleanza che ha vinto sommano il 54,3% contro il 38,3% del centrosinistra, ma su cinque consiglieri eletti ne hanno solo due: Diego Bernardis e Antonio Calligaris.

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Il caso Tripoli

Di paradossi ce ne sono anche altri. A sottolinearlo sin dai primi dati è stata Giorgia Tripoli, candidata presidente di Insieme liberi Fvg, che ha centrato un significativo 4,7% di consenso personale, ma la cui lista di supporto è di un soffio sotto il 4%, la soglia di sbarramento per chi non si presenta in coalizione. E dunque sta fuori dal Consiglio. Nell’attesa del riconteggio (Tripoli ci spera), c’è anche la beffa non solo di essere la prima degli esclusi (in Consiglio entrano solo i primi due aspiranti governatori), ma pure di vedere in aula esponenti di liste con percentuali inferiori: M5S (2,4%), Alleanza Verdi Sinistra (2%), Open (1,5%) e Slovenska Skupnost (1%), con la minoranza slovena che si salva grazie al dichiarato collegamento a centrosinistra.

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A fare le spese delle regole scritte sedici anni fa è anche il consigliere uscente M5S Mauro Capozzella, che nella circoscrizione di Pordenone non ce la fa con 310 preferenze e si vede sfilare davanti Pompea Rosaria Capozzi, cui a Udine ne sono bastate 130.

Autonomia Responsabile

Ad Autonomia responsabile, causa il complesso meccanismo del quoziente elettorale e dei resti, non serve nemmeno avere superato la soglia dell’1,5% prevista per le liste in coalizione. Di qui i fulmini di Renzo Tondo che parla di «vulnus democratico» e di «palese violazione del principio di rappresentanza». Potrebbe accadere, è l’attacco dell’ex presidente della Regione, «che altre liste, con un risultato nettamente inferiore, eleggerebbero consiglieri, mentre non avrebbe rappresentanza il voto di quasi 8mila elettori. Ci auguriamo che questo non accada, altrimenti la legge elettorale sarebbe palesemente anticostituzionale».

La legge messa in discussione

Di certo è una legge elettorale che da più parti, in queste ore, viene messa in discussione. «Abbiamo cercato di intervenire in più occasioni nello scorso mandato – assicura Roberti – e l’ultimo tentativo è stato portato avanti quando si è dibattuto di doppia preferenza di genere. Avevamo pensato ad altre modifiche, ma l’opposizione ha fatto i suoi conti e il progetto si è arenato. Importante prendere in mano subito la partita, perché ben sappiamo che le leggi elettorali vanno cambiate a inizio legislatura».

La replica è di Francesco Russo, il dem che aveva spinto per la doppia preferenza di genere: «Al di là degli slogan, una vera proposta del centrodestra non è mai arrivata in commissione. Un centrodestra che non ha voluto agevolare l’ingresso delle donne in Consiglio anche quando i tempi per ulteriori cambiamenti non c’erano più. Ma se chi governa pensasse adesso di considerare il tema elettorale una priorità, si allontanerebbe definitivamente dalla realtà».

Da parte di Claudio Giacomelli, rieletto consigliere di FdI, c’è però la convinzione che «la legge elettorale nella prossima legislatura sarà questione centrale, visto che alcune storture, specie a Gorizia, sono eclatanti». «Le leggi elettorali perfette non esistono – osserva da parte sua Roberto Cosolini del Pd –. I sistemi che soddisfano alcune esigenze, dalla governabilità alla rappresentatività, fino ai diritti delle minoranze, prestano inevitabilmente qualche altro fianco. Nulla vieta che ci si sieda al tavolo e si condividano le modifiche, a partire naturalmente dalla doppia preferenza di genere, su cui, per colpa del centrodestra, siamo pericolosamente indietro».

Sul piatto, chissà, anche il terzo mandato del governatore (al momento il tetto è a due). Fedriga ha sempre affermato che le regole del gioco le decide il Consiglio. Ma la novità potrebbe diventare argomento di discussione dato che in Conferenza delle Regioni, che Fedriga guida, i colleghi presidenti hanno recentemente condiviso la proposta.

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