C'è vita a Trieste - L'iniezione di fiducia di mio zio 80enne: "Ci rialzeremo, come dopo il terremoto in Friuli"
GIORNO 21 - 31 MARZO
Ultimo giorno del mese: Un marzo che non sarà dimenticato. In tutta Italia alle 12 è stato rispettato un minuto di silenzio per ricordare le vittime del Grande Morbo. Cuoricino rientra dalla spesa al supermercato di riva Grumula, mi aggiorna: "Da domani non ti fanno più entrare senza la mascherina." Replico io: "Non non ne abbiamo neanche una e sono dappertutto introvabili". "In questo caso bisogna proteggersi almeno con una sciarpa, è quello che farò." Ma il Comune non doveva consegnarle porta a porta? Bisogna attendere pazientemente il proprio turno. Questa mattina sono andato, in compagnia di Lilly, fino alla farmacia in via S.Giusto per ritirare un farmaco necessario per mio zio Michele: una valida giustificazione per poter fare un giro diverso e più lungo del solito. Le strade completamente deserte, nessun agente mi ha fermato: ci si sente comunque un poco in colpa. Ho portato subito la medicina a mio zio che mi ha offerto un caffè. "Mi ricordo il terremoto del maggio 76." - Mi ha voluto raccontare - " Allora ero preside di una scuola a Travesio, a 37 chilometri dalla mia abitazione ad Aviano. La mattina seguente al terremoto già alle 7, ho raggiunto il paese vedendo gli ingenti danni. Ho proibito al bidello di andare a recuperare i registri al primo piano, una bambina della casa vicina era morta sotto le macerie. Naturalmente in tutto il territorio colpito dal terremoto sono state sospese le lezioni, finito l'anno scolastico. Una tragedia, migliaia di morti. Però in due anni i friulani si sono ripresi. Forse è azzardato voler fare un paragone con quello che sta succedendo adesso, ma io mi mantengo ottimista e sento che anche questa volta il popolo italiano - come i friulani allora - ce la farà." Una iniezione di fiducia da questo giovane ottantenne è quello che ci vuole, aprile comincia domani e non sarà il più crudele dei mesi.
Alessandro Paronuzzi
Anch’io sono triste oggi. Il Coronavirus si è portato via mia cugina Maria, persona dolce, paziente, sempre col sorriso sulle labbra, maestra per due generazioni di bambini all’asilo comunale del mio paesello nel cremonese. Un bel necrologio ne ha scritto l’odierno sindaco, certamente suo ex alunno tanti anni fa. Quando da Cremona andavo da mia mamma, la Maria mi diceva : “ Portami Simone , così può conoscere i bambini del paese“. E dopo qualche anno: "Mi raccomando, porta pure la Marta “. Tutto ciò in una grande città non sarebbe mai stato possibile, ma in un paesino di 500 abitanti , dove tutti ci si conosce, sì. Mio cugino invece resiste. È in ospedale da 17 giorni, combatte , non molla. È sempre stato uno tosto nella sua vita. Resisti Amilcare ! Pure Gianluca sta combattendo strenuamente ,sta un po’ meglio ora, ci sentiamo su Whatsapp. Continua a lavorare da casa e ce la mette tutta. Forza Gianluca ! Tutta Cremona ha bisogno di te ! Ieri ho visto una gran bella fotografia sulla Provincia , arrivatami anche su whatsapp da due amiche. Mostrava la sala d’attesa del pronto soccorso dell’ospedale completamente deserta alle dieci di sera, postata da un infermiere a fine turno. Non era mai successo negli ultimi 40 giorni, quando le persone vi si accalcavano per essere assistite. “ Non dobbiamo però abbassare la guardia , ma possiamo affermare di essere sulla buona strada” , ha detto quell’infermiere. NOI INTANTO RESTIAMO A CASA !!!!!!
Cesarina Gigni
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