C'è vita a Trieste "Così rivivo la mia gioventù, isolato sulle navi tra uragani e tempeste"

C'è vita a Trieste, nonostante le restrizioni imposte dalle norme per contenere la diffusione del coronavirus, che stanno cambiando la vita di tutti noi. Ecco chi ha voluto raccontare la propria esperienza, il proprio quotidiano della quarantena nelle giornate da "zona rossa". QUI TUTTE LE ALTRE PAGINE DEL DIARIO e QUI IL LINK CHE VI SPIEGA COME FARE PER MANDARCI I VOSTRI TESTI
Trieste deserta durante l'emergenza coronavirus Foto di Andrea Lasorte
Trieste deserta durante l'emergenza coronavirus Foto di Andrea Lasorte

GIORNO 17 - 27 MARZO

Nasciamo con l’unica certezza che dovremo morire. Lo ricordiamo ogni giorno della nostra vita. Lo sappiamo. Non possiamo che accettarlo. Non ci spaventa tanto la morte, quanto la sofferenza e il dolore nel morire. Ma se c’è qualcuno lì con noi, magari qualcuno che amiamo, che abbiamo visto crescere, qualcuno che ci dà la mano come ha fatto nella vita, allora il passaggio è più dolce, perché non siamo soli. La solitudine è forse ciò che più divora l’anima e annienta le emozioni. Ci toglie l’entusiasmo e la voglia di vivere. Ne siamo spaventati più della morte. Essere soli, sentirsi soli è più angosciante che pensare di morire. Ma morire soli è una combinazione intollerabile per il cuore di ogni uomo. Per chi la subisce e per chi resta. Sto organizzando i funerali di persone, donne, uomini, madri, sorelle, figli, mariti, amici…alcune le conosco, altre no. E molte, la maggior parte, muoiono SOLE. Senza nessuno che le accarezzi in casa di riposo, senza nessuno che gli stringa la mano sul letto dell’ospedale, senza che qualcuno sussurri quell’ultimo “TI VOGLIO BENE”, quell’ultimo riconoscente “GRAZIE”, o semplicemente l’ultimo “CIAO”. E non posso nemmeno ordinare un cuscino di rose, perché i fiori non arrivano. Non posso far celebrare una Messa, perché nemmeno la fede può concretizzarsi con la presenza di persone e preti. Non posso lasciare che nell’annuncio funebre si palesino giorno e ora del funerale, altrimenti verrebbe qualche amico di troppo e non si può. A volte gli unici presenti a quel funerale siamo noi operatori, perché i parenti sono in ospedale o in quarantena. In alcune città non ci sono le bare, non c’è posto nei forni crematori, non ci sono funerali. Nemmeno chi resta può contare sull’abbraccio e sul calore umano di chi condivide con lui il dolore della perdita. Al notiziario non fanno i nomi delle persone decedute, sarebbe impossibile. Ci dicono i numeri. Ma non siamo solo numeri. Ci comunicano che muoiono “solo persone con pluripatologie”, “solo anziani”, oggi “solo uno, due, tre,..”, ma togliete tutto quello che viene dopo e lasciate “solo”. E’ morto SOLO. Stiamo a casa, facciamolo anche per loro e quando tutto questo sarà finito, vorrei ci fosse una giornata in cui tutti, in tutte le città renderemo omaggio con il nostro ricordo a chi se n’è andato in solitudine, riempiendo ogni spazio con colori ed i profumi dei fiori, con la fede, con gli abbracci, con la musica, urlando il nome della persona persa, con il fragore degli applausi, le lacrime ed i sorrisi, con lo sguardo all’insù, che attraversi le nuvole, il cielo e l’infinito fino ad arrivare a loro per l’ultimo saluto, quello che finalmente riusciremo a regalargli.

Martina Ligia

 

Ecco, io sono oggi un quasi anziano (classe 1945) che con tale Pandemia si sente di nuovo giovane, rivivendo il periodo di lavoro passato in gioventù, come personale viaggiante su navi petroliere e cargo. Una vita scelta per mettersi alla prova, per svolgere un lavoro, per avere una paga, per crescere professionalmente, per vedere oltre l'orizzonte della propria città. Certo è che tale vita lavorativa comporta molti sacrifici, un po' come oggi, limitazione negli spostamenti quotidiani, lontananza dalle amicizie e dalla possibilità della frequentazione dei veri affetti. Oggi manca il mare, il suo salso, la sua forza con i suoi improvvisi cambi di umore, manca ma non troppo.... chissà se sopporterei oggi, dopo tanti anni, il malessere che esso infonde agli umani prima che essi se ne abituino (non ho più il "piede marino"). Ecco, nonostante le limitazioni del momento, per ora mi sento di nuovo giovane... ma fino a quando? In fondo sono una categoria a potenziale rischio!... Ho trascorso 7 anni di quella vita, ho incontrato uragani e cicloni con venti forza 10, onde alte come montagne... Eppure sono sopravvissuto, non ho mai maledetto la "matricola"... sono fiducioso anche per "questo" futuro

Tullio Simonetti

 

Quanto è triste e preoccupante il mare vuoto, soprattutto oggi così increspato per la bora tanto forte. La sera non vedo i soliti pescherecci con le luci abbaglianti delle lampare , oppure le tantissime petroliere. Abituata a contarne anche più di dieci per volta fuori dalle dighe foranee , da giorni e giorni sono scomparse. All’attracco del canale navigabile ne stazionava sempre una. “ Ma come farà la Germania “ , mi chiedo. Certo i tedeschi hanno anche il petrolio del Mare del Nord. Decine e decine di petroliere ho visto scendere lungo il fiume Reno in questi anni. Sono le otto del mattino e vedo lontano una portacontainer fuori dal porto di Capodistria. Non riesco a leggerne il nome per la cortina di vapori che la oscurano un po’. Il nostro porto è desolatamente vuoto. I sette cavalloni gialli, così chiamo io le enormi gru dai tempi di Oakland, sono fermi ,immobili con i loro lunghi colli dritti in piedi come fusi. È mia consuetudine controllare il lavoro del porto col binocolo quando sono qui...È una goduria per una della Val Padana.... Una cara amica panettiera mi dice al telefono : “ Lavoricchiamo, faremo il pane fino a che troveremo la farina....” , una frase agghiacciante....., che mi ha rievocato oscuri passati... Questa “ cosa “ così grande che ci ha colpito tutti quanti sulla terra ci ha trovati impreparati e fragili. E per noi , abituati a tutti gli agi del mondo occidentale, sarà dura. Profetica la frase che mia mamma soleva dire così spesso : “ Cri, cri , non sarà sempre così ! “ . Sono un po’ giù di corda oggi. Sono appena morti tre amici d’infanzia di Nani a Cremona, un suo ex collega a Brescia , il mio ortopedico e la mia tutor della banca. Il bastardo se li è portati via tutti e sei tra ieri e ieri l’altro. MA NOI RESTIAMO SEMPRE A CASA !!!!!!

Cesarina Gigni

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