Sfidante e sostenibile: il motore che ci trasporterà nell’economia globale

Le attuali politiche di decarbonizzazione nel settore della mobilità non sono ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi delineati dagli Accordi di Parigi: occorre l’energia pulita

Dario Corradino

TRIESTE Riaccendere il motore dell’economia globale senza uccidere il pianeta. È la vera sfida che ci attende nei prossimi anni. Strategico, anche in questa chiave, è il settore dei trasporti, il più energivoro in assoluto, ancor più dell’industria: 121 exajoules (lo joules è l’unità di misura del lavoro e quindi dell’energia necessaria a compierlo) consumati contro 119 nel 2018.

Nel 2050 il volume dei trasporti, a livello mondiale, sarà più del doppio rispetto al 2015. Per la precisione 2,3 volte maggiore per i passeggeri e 2,6 volte per le merci. Sono dati che emergono dall’Outlook 2021 dell’Itf, l’International Transport Forum, emanazione dell’Ocse. Cifre impressionanti, e tuttavia inferiori a quelle previste nel precedente studio previsionale, nel quale ci si aspettava una triplicazione dei volumi.

Il campanello d’allarme, comunque, resta: le attuali politiche di decarbonizzazione nel settore trasporti non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità delineati dagli Accordi di Parigi. Secondo le stime dell’Itf infatti le emissioni di CO2 del settore cresceranno del 16% entro il 2050 anche se verranno scrupolosamente rispettati i limiti attuali. Insomma: avremo mezzi che inquinano meno, ma ce ne saranno molti di più, e la riduzione delle emissioni sarà purtroppo più che compensata dalla crescita dei volumi del trasporto globale.

Solo politiche decisamente ambiziose per limitare l’uso dei combustibili fossili potrebbero tagliare le emissioni del necessario, cioè almeno del 70% nel 2050 rispetto al 2015. Solo così si potrebbe raggiungere l'obiettivo degli Accordi di Parigi, limitando a 1,5° l’aumento del riscaldamento globale.

La ricetta per i trasporti del futuro? Razionalizzare le rotte, usare sistemi più sostenibili, migliorare l'efficienza energetica, aumentare rapidamente l'utilizzo di veicoli elettrici (da alimentare però con generatori basati su fonti rinnovabili) e di motori a idrogeno o a basso consumo di combustibili fossili. Le città dovrebbero tagliare le emissioni della mobilità urbana almeno dell'80% rispetto ai livelli del 2015 utilizzando programmi ambiziosi e ad ampio spettro, dato che i trasporti regionali di passeggeri sono i più difficili da decarbonizzare. E poi è necessario intervenire sul traffico aereo e sui viaggi a lunga distanza sia su gomma che su rotaia, con obiettivi ancora più sfidanti rispetto alla mobilità urbana.

Anche la forte crescita dell'attività di trasporto merci richiederà un'attenzione molto elevata per una consistente riduzione delle emissioni, che nel 2050 - utilizzando le attuali politiche - saranno del 22% maggiori rispetto al 2015. Ci si può arrivare? «Ci si deve arrivare». Young Tae Kim, segretario generale dell’Itv, non ha dubbi: «Il cambiamento climatico non si può fermare senza la decarbonizzazione dei trasporti, e dunque questa trasformazione deve avvenire. La ripresa dalla pandemia ci offre un’opportunità unica». Ma il sentiero è stretto, e passa attraverso il coordinamento di molte politiche diverse: quella dei trasporti, quella industriale e quella energetica. I costi? Stellari, ma il prezzo di un eventuale fallimento sarebbe incommensurabilmente più alto per l’intero pianeta.

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