Budapest riscopre l’Adriatico, Garai: «Presenza diretta a Trieste a servizio dell’industria a Est»

Parla Peter Garai, ad di Adria Port, la società che gestirà il terminal: «Il governo Orbán ha voluto fortemente il suo sbocco al mare qui»

Diego D’amelio
Peter Garai
Peter Garai

TRIESTE L’Ungheria riscopre l’Adriatico. Il governo Orbán ha voluto fortemente il suo sbocco al mare e lavora per arrivare entro il 2026 alla gestione diretta di un terminal a Trieste. La società che se ne occuperà si chiama Adria Port e il suo ad Peter Garai lavora per ottenere le autorizzazioni necessarie a far partire i lavori. «Saremo elastici – dice – per adattarci ai cambiamenti delle catene di fornitura, convinti che i porti adriatici avranno le infrastrutture necessarie per competere con il Nord Europa».

L’Ungheria torna all’antico sbocco sull’Adriatico: perché per Budapest era così importante avere un terminal a gestione diretta?

«Per noi il commercio estero è fondamentale e tutti sappiamo quanto possano essere fragili le catene di fornitura. Per questo il mio governo ha ritenuto importante una presenza diretta ungherese nel mondo portuale».

Il gateway dell’Europa centrale è storicamente il Mare del Nord. Perché ora tanto interesse per l’Adriatico?

«I porti di Trieste e Fiume in passato per noi sono stati importantissimi, ma torniamo a Trieste non per motivi simbolici o nostalgia: l’Adriatico è il mare più vicino e lo sviluppo dei suoi porti li rende capaci di servire l’Ungheria e l’Europa centro-orientale, che negli ultimi vent’anni sono cresciuti molto».

Che ruolo avrà Adria Port per l’Ungheria?

«Puntiamo su servizi per le industrie presenti in Ungheria e negli altri paesi dell’Europa centrale».

Che ricadute ne deriveranno per Trieste?

«Un nuovo terminal può portare aumento di traffici e interesse di nuove aziende. Il terminal creerà inoltre particolare attenzione in Ungheria per Trieste anche da un punto di vista turistico e culturale».

Siete partiti prima della pandemia, ma ancora non si vedono le ruspe: a che punto è il progetto?

«Abbiamo mostrato il rendering in autunno e lavoriamo con le autorità italiane per le autorizzazioni. Negli ultimi mesi abbiamo fatto un buon lavoro e speriamo di cominciare presto. Intanto l’Autorità portuale corre per i dragaggi e il banchinamento finanziati dal Pnrr. Speriamo che nel 2026 il terminal possa partire in modo parziale».

Avevate scelto Capodistria, virando su Trieste: perché?

«Il nostro interesse era verso l’Alto Adriatico. Il discorso con la Slovenia non ha portato a un accordo e nel frattempo a Trieste abbiamo ricevuto accoglienza molto positiva per un investimento estero».

L’Adriatico unito può sfidare il Nord Europa?

«Da anni il traffico si sta spostando verso Sud. Lo sviluppo deve continuare per accogliere l’aumento dei volumi con una giusta capacità, ma siamo sulla strada buona».

Venezia, Trieste, Capodistria, Fiume: 4 porti in 170 km. È un contesto destinato alla concorrenza spietata o alla cooperazione?

«Serve il mix. L’ideale è avere un certo livello di cooperazione perché questi porti hanno somiglianze ma anche specificità. Serve tuttavia anche competizione per spingere lo sviluppo dei traffici. I porti adriatici possono crescere assieme e farsi percepire dagli operatori come una zona dinamica di crescita».

Cosa manca per fare un salto di qualità?

«Il salto avviene attraverso una maratona: servono collegamenti ferroviari e capacità dei terminal. E i cambiamenti geopolitici possono addirittura giovare all’Adriatico».

Sarà il mare dei ro-ro e dei traffici inframediterranei della deglobalizzazione o dei container dal Far East?

«Le previsioni sono difficilissime. Bisogna essere elastici e pronti a tutte le opzioni, provando ad anticipare ciò che succederà».

Adria Port su che tipo di traffici si sta orientando?

«Ro-ro, contenitori e general cargo, con connessioni nel Mediterraneo e nel Far East».

Come valuta la proposta del ministro Urso di mettere i porti di Trieste e Venezia a servizio dell’import-export di Kiev?

«Il mar Nero per anni sarà parzialmente bloccato e servono soluzioni logistiche per l’Ucraina. L’Adriatico è la soluzione giusta per vicinanza geografica e siamo contenti dell’iniziativa. Il corridoio passerà anche dall’Ungheria: siamo a disposizione per farlo funzionare».

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