Sulle Rive un’idea di New York

È Palazzo Berlam ispirato ai grattacieli in mattoni rossi della Grande Mela. È l’Hotel de la Ville fu il primo albergo con ascensore e il primo dell’Impero con riscaldamento centralizzato

TRIESTE Le Rive sono il manifesto di Trieste. Al mare affacciano palazzi che condensano ambizioni, sogni e destini tali da parlare per l’intera città. Ciò nondimeno, anche a chi arriva da terra attraverso la strada Costiera o dall’altipiano carsico, le Rive si presentano come una cerniera che unisce dinamicamente i due protagonisti, la costa e il mare, in una passeggiata densa di storie all’insegna delle rotte del commercio. Eccone alcune.

Tutto iniziò quando, a partire dalla metà del XVIII secolo, le mura medioevali che chiudevano la città divennero un ostacolo al suo sviluppo. Lo videro con chiarezza l’imperatore d’Austria Carlo VI e la figlia Maria Teresa d’Austria, che le abbattè dando vita al nuovo centro economico il cui baricentro era il Canal Grande, attorno al quale disegnò una geometrica maglia urbana con palazzi funzionali ai commerci marittimi, il Borgo Teresiano. La crescita della città era vertiginosa come la fame di nuovi spazi. Nel 1788 un decreto imperiale di Giuseppe II destinò all’espansione di un nuovo borgo l’area che si sviluppava attorno all’odierna piazza Venezia, il Borgo Giuseppino. Riva 3 Novembre apre la passeggiata sulle Rive, all’ombra dei palazzi delle Assicurazioni Generali.

Nel 1883 la Compagnia commissionò a Eugenio Geiringer il progetto per la nuova sede centrale, il palazzo rosa, il primo edificio a Trieste a dotarsi di luce elettrica per l’illuminazione degli uffici. Al suo fianco svetta Palazzo Berlam o grattacielo rosso, costruito fra il 1926 e il 1928 da un progetto di Arduino Berlam ispirato ai nuovi grattacieli di New York in mattoni rossi. Il Grattacielo si affaccia sul Canal Grande. Superato il quale, verso il Molo Audace, si cammina lungo Riva Carciotti. Posizione perfetta per ammirare uno dei palazzi simbolo del vorticoso sviluppo triestino: il palazzo Carciotti, manifesto commerciale e intelletuale del commerciante Demetrio Carciotti. Di origine greca, stabilitosi a Trieste nel 1775, fece fortuna con il commercio di panni dalla Boemia. Un uomo ricco ma desideroso di affermarsi anche come benefattore. Alla fine del Settecento acquistò le cinque case che si trovavano sul lato destro dell'entrata del canale. Per la costruzione del palazzo si affidò al giovane e brillante architetto Matteo Pertsch. Le sculture che la ornano furono suggerite dal committente stesso per raccontare la sua storia attraverso mitologici messaggeri. A completare l’edificio una cupola con una calotta sormontata dall’aquila napoleonica. In tempi a noi più vicini la cupola ospitò in più di una occasione studi di pittori come, ad esempio, Arturo Rietti. All’epoca dell’edificazione si specchiava praticamente nell’acqua di mare.

Tra Palazzo Carciotti e la Chiesa Greco-Ortodossa era l’albergo più famoso di Trieste, l’Hotel de la Ville, di cui il barone Pasquale Revoltella ebbe la proprietà per alcuni anni. Fu lui a commissionare i rettangoli scolpiti a bassorilievo a simboleggiare l’Onore, l’Industria, la Navigazione, la Riflessione, la Religione, la Costanza, la Beneficenza e il Commercio. Fu progettato nella prima metà dell’Ottocento e costruito nel 1839, un periodo di grande espansione per la comunità. Inaugurato il primo giugno 1841, ospitò tra i notabili, diplomatici, intellettuali e scrittori come Giuseppe Verdi (che qui scrisse la sinfonia dello Stiffelio), Adalbert Stifter, Gabriele D’Annunzio. Era dotato di raffinatezze per l’epoca come bagni pubblici, acqua dolce, un ristorante con vista sul mare e il Cafè Divan, aperto nel 1839. Fu più volte rinnovato e si fregia di due primati: nel 1884 vi fu installato il primo ascensore della città e nel 1910 venne dotato di riscaldamento centralizzato, il primo albergo dell’Impero Austro-Ungarico. Oggi è sede di Fincantieri.

La concessione del porto franco a Trieste nel 1719 unita all'atteggiamento tollerante degli Asburgo nei confronti di altre religioni e nazioni resero la città attraente per mercanti e commercianti provenienti da altre nazioni. Fu così anche per la comunità greca, che si consolidò e affermò il proprio status in un luogo iconico della città, le Rive, attraverso un altro elemento: la religiosità. Qui si incontra infatti la Chiesa San Nicola dei Greci, costruita tra il 1784 e il 1787 con la facciata della chiesa ridisegnata nel 1819-1820 da Matteo Pertsch in stile neoclassico.

Allungando il passo e superando uno dei caffè storici di Trieste, il Tommaseo, aperto nel 1830 e luogo d'incontro popolare per commercianti, artisti e altri intellettuali nonchè riferimento per il Risorgimento italiano a Trieste, si arriva alla Riva del Mandracchio, che si allunga da Piazza Unità d’Italia fino a Riva Nazario Sauro. Il toponimo trae significato dal nome dell’antico porto di Trieste, interrato nel 1863 e corrispondente alla metà, lato mare, di piazza Unità. Dal 1865 si iniziò a costruire la riva a cui viene dato il nome nel 1883. Da qui in poi si entra nel borgo Giuseppino. Sarà un déjà vú osservare palazzo Vucetich: l’omaggio a Palazzo Carciotti è evidente. Venne commissionato nel 1825 da Michele Vucetich, commerciante in granaglie, nell’allora riva dei Pescatori, perfettamente inserito nel disegno edilizio delle contemporanee edificazioni del fronte a mare del Borgo Giuseppino.

Camminando su riva Tommaso Gulli, istituita nel 1932 a ricordo del capitano di corvetta eroe della Prima guerra mondiale, si giunge in via Ottaviano Augusto, che si allunga da Riva Grumula a Molo Fratelli Bandiera, istituita nel 1905 con l’interramento del mare prospiciente il Lazzaretto Vecchio. Il nome fu scelto in onore dell’imperatore che nel 33 a. C. ricostruì le mura cittadine. Bizzarro testacoda, poiché Trieste per inseguire il proprio successo le mura decise di abbatterle. Ma questa è un'altra storia. (L’immagine proviene dalla Fototeca dei Civici Musei Trieste) — (3 - Continua)

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