Terzo mandato, Forza Italia si sfila. Scontro Lega-FdI in Friuli Venezia Giulia
Gli azzurri Savino e Cabibbo: «La linea è stata declinata a livello nazionale». Il Carroccio insiste: «Evitare un vulnus». I meloniani: «C’è la Costituzione»
Sul terzo mandato la linea l’ha declinata Gasparri», questa è la risposta che arriva dopo 24 ore di silenzio da Sandra Savino, sottosegretaria al Mef e coordinatrice regionale di Forza Italia.
Le fa eco il capogruppo in Consiglio regionale Andrea Cabibbo. Come a dire: la disciplina di partito è chiara e la seguiamo anche qui. La dichiarazione del responsabile nazionale Enti locali di Fi Maurizio Gasparri a cui si fa riferimento pone una pietra tombale sull’idea che il Friuli Venezia Giulia possa considerarsi avulso dagli equilibri nazionali nel nome della sua specialità: «Non ci sarà il terzo mandato».
Gli azzurri dunque si sfilano dall’asse a favore dell’eliminazione del limite ai mandati del presidente della Regione che si era profilato al vertice di maggioranza del 23 dicembre scorso.
In maggioranza
Prosegue intanto il braccio di ferro tra Lega e Fratelli d’Italia, con il Carroccio che rivendica che la sua posizione sul tema sia «a tutela degli interessi dei cittadini del Fvg e non secondo interessi romani» e Fratelli d’Italia che invece censura l’idea di legare decisioni simili «a nomi, territori e convenienze di partito». I due partiti di maggioranza, insomma, si scambiano stoccate nella voce dei rispettivi capigruppo di maggioranza nel Consiglio regionale, il luogo indicato dal governatore Massimiliano Fedriga come l’arena in cui si deve sciogliere questo nodo: Antonio Calligaris per la Lega e Claudio Giacomelli per FdI. La temperatura è altissima, il tema delicato per cui prima di dichiarare occorrono interlocuzioni.
In questo quadro, Mauro Di Bert il capogruppo di Fedriga presidente – gruppo che è espressione della lista civica che ha sostenuto la candidatura del governatore – è il primo a rispondere e rivendica: «Sono contrario ai limiti di mandato per principio da sempre nel caso di un’elezione diretta, dove il cittadino può esprimere la sua volontà. Perché mettere paletti alla possibilità dei cittadini di dire la loro sull’operato di chi ha lavorato bene? Fedriga ha lavorato bene, e l’autonomia va esercitata pienamente, non farlo sarebbe un vulnus».
Un vulnus a cui potrebbero decidere di rimediare i consiglieri stessi con una proposta di legge. Simile la posizione di Calligaris: «Impedire per via legislativa la candidatura di chi è un valore aggiunto per la nostra regione, oltre che non democratico, non è nemmeno molto intelligente».
Ma FdI si smarca e pone la questione su un altro piano, quello delle «garanzie costituzionali». E per questo Giacomelli annuncia che FdI in Consiglio si atterrà a quanto deciso a livello nazionale. E a riprova del fatto che FdI non insegue la «convenienza di partito», porta l’esempio della riforma del premierato in cui non è ammesso il terzo mandato nonostante il fatto che «Giorgia Meloni è oggi, senza dubbio, la più importante figura politica del Paese».
Ma Calligaris ricorda le parole del ministro meloniano Luca Ciriani, che aveva fatto il conto di quante Regioni fossero in mano alla Lega rivendicando che FdI «merita di più» e mette in dubbio la purezza delle intenzioni dei Fratelli, implicando che il loro veto più che legato alla tutela degli equilibri tra potere legislativo ed esecutivo sia da ascrivere a una fame di poltrone tutta romana avulsa dal contesto territoriale. «Il Consiglio regionale di una Regione autonoma è sovrano in relazione al sistema elettorale – ricorda Calligaris –. Riteniamo opportuno, per tutelare la propria autonomia e quella della Regione, che possa legiferare in merito senza secondi fini». Da consiglieri regionali «siamo tenuti ad operare a tutela degli interessi dei cittadini del Fvg e non secondo interessi romani», conclude.
Le opposizioni
Le opposizioni intanto si compattano contro il terzo mandato, ritenuta da tutti una scelta di «convenienza politica», come rileva il capogruppo del Pd, Diego Moretti. Massimo Moretuzzo, capogruppo del Patto, non accetta di sentir tirata in ballo l’autonomia regionale. Lo ritiene «strumentale» per introdurre «il terzo mandato a proprio uso e consumo». «Non bastano le decine di milioni di euro distribuiti a pioggia dalla giunta per placare gli appetiti della maggioranza», affonda ancora. E invoca: «In democrazia le regole del gioco dovrebbero essere discusse in modo condiviso». E sul no al terzo mandato è compatto anche il Misto, che per voce della capogruppo Rosaria Capozzi (M5s) sottolinea che il limite «trova la sua fondamentale ratio nell’esigenza di garantire un ricambio della classe dirigente», anche per evitare che si «consolidino meccanismi pericolosi di clientele e nepotismo». —
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