Papa Francesco è rientrato in Vaticano, gioia e speranza dalle diocesi della regione

I messaggi dei quattro vescovi e del presidente della Conferenza episcopale Triveneta, Moraglia

Il saluto del Papa dal Gemelli
Il saluto del Papa dal Gemelli

«Una notizia che attendevano con speranza». Il Patriarca Francesco Moraglia, capo della Chiesa veneziana, ma soprattutto presidente della Conferenza episcopale triveneta nonché gran cancelliere della Facoltà teologica del Triveneto, ha accolto con gioia la notizia che ieri ha tenuto incollato allo schermo i fedeli del mondo, ossia quella del ritorno a casa del Papa, il suo mostrarsi dal vivo, la sua voce di nuovo tra noi, che rassicura le persone che lo acclamano.

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«Una notizia che attendevamo con speranza» ha detto Moraglia, impegnato nella penultima tappa della Visita pastorale nel Patriarcato «Ora continuiamo a sostenerlo con la preghiera, l’affetto e la vicinanza spirituale». Ha proseguito il Patriarca: «La Chiesa gioisce per il ritorno a casa di Papa Francesco: è una notizia che attendevamo con viva speranza ed è stata una grande commozione rivedere il volto del Santo Padre dopo i 38 giorni di degenza al Policlinico Gemelli». Infine: «In momenti come questi l’affetto per lui è il sentimento dominante. La scelta di recarsi nella basilica di Santa Maria Maggiore per un saluto all’icona della “Salus Populi Romani” ci dice, ancora una volta, tutta la Sua fede e il Suo amore per Colei che è la nostra Madre comune a cui sempre lo affidiamo con tutto il cuore. Continuiamo ad accompagnarlo con la preghiera, l’affetto ed una forte vicinanza spirituale».

 

Gorizia

«In un momento difficile come questo abbiamo bisogno, ancora di più, della sua parola». Anche l’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana, esprime felicità per le dimissioni di papa Francesco e per il suo rientro a Santa Marta. «Le immagini che abbiamo visto dal Policlinico Gemelli fino al ritorno del Pontefice in Vaticano dopo la lunga degenza (cominciata il 14 febbraio scorso) hanno, innanzitutto, suscitato nella nostra Chiesa un sentimento di ringraziamento al Signore», sottolinea il presule.

«Mi pare significativo come, in queste settimane, si sia levata davvero una preghiera corale che ha coinvolto – prosegue l’arcivescovo Redaelli – credenti e non credenti perché il Santo Padre possa ancora, a lungo, continuare nella sua missione a servizio della Chiesa universale: credo che soprattutto in un periodo storico come l’attuale abbiamo davvero bisogno della sua parola e della sua testimonianza nell’invocazione costante per la Pace nel mondo». L’arcivescovo di Gorizia (la diocesi comprende anche 12 Comuni della Bassa friulana) chiude con un auspicio, rivolto a tutti i fedeli dell’Isontino. «Ora la nostra preghiera accompagni la sua convalescenza a Santa Marta sperando magari, se le condizioni di salute glielo permetteranno, di potergli esprimere direttamente tutto il nostro calore e la nostra vicinanza in qualche occasione durante questo Anno Santo».

Come si ricorderà, Redaelli aveva annunciato l’invio, assieme al vescovo di Capodistria, Peter Štumpf, che è anche vicepresidente dei vescovi sloveni, di un invito formale a papa Francesco affinché potesse raggiungere Gorizia e contestualmente Nova Gorica per la Capitale europea della cultura 2025. 

Pordenone

«Non possiamo che gioire del ritorno a Santa Marta del Papa. Certamente sarà più facile per lui governare la Chiesa. Il momento mondiale è delicato, il Papa è un faro, un punto fermo. Abbiamo bisogno della sua guida». Così monsignor Giuseppe Pellegrini, vescovo di Concordia-Pordenone, che ha seguito dai telegiornali l’uscita del Pontefice dal Gemelli. In mattinata, infatti, aveva celebrato messe a San Odorico di Sacile e a San Leonardo Valcellina. «Abbiamo vissuto tempi di apprensione. Nei miei 70 anni di vita non era mai successo che un Papa restasse per così tanto tempo in ospedale. Anche Giovanni Paolo II visse un lungo periodo di malattia, ma a casa». Il Papa in questo tempo ha ricevuto migliaia di lettere, messaggi, disegni. «Per tutti noi vescovi italiani provvede il nostro presidente, il cardinale Matteo Zuppi. La notizia delle dimissioni del Papa dall’ospedale, ha detto e mi unisco, ci riempie di gioia».

Il presule si augura che il Pontefice riposi «come raccomandato i medici. Ha corso un grande pericolo. Siamo stati tutti contenti di averne sentito la voce e poi di avere visto la foto e ora il suo volto». A dispetto dei complottisti: «Ho sentito tante chiacchiere... Il Papa è una persona. Ognuno ha il suo modo di vivere la malattia e la sofferenza. Voleva essere uno come tutti e si è affidato ai medici come tutti. Un bel segno, senza privilegi. Nel frattempo abbiamo pregato. Sia come chiesa locale sia come chiesa universale. Ricordo il rosario nel duomo San Marco quando pareva che la situazione precipitasse. E ora la gioia di rivederlo tornare in Vaticano».

Il vescovo richiama le parole del cardinale Zuppi: «Dalla cattedra dell’ospedale ci ha ricordato quanto sia importante il miracolo della tenerezza che accompagna chi è nella prova». In forse la presenza del Papa alle feste di Pasqua. «È in convalescenza. Tutti saremo contenti di rivederlo. L’augurio è che si riguardi. L’importante è sapere che c’è». 

Trieste

Grande gioia e insieme grande apprensione. L’immagine ieri del Papa ha suscitato più di un’emozione nel vescovo di Trieste, Enrico Trevisi. «C’è la grande gioia per averlo rivisto, ma anche l’apprensione per averlo visto così provato. Tante volte il Papa ha richiamato la nostra attenzione sulla cultura dello scarto verso le persone fragili e vulnerabili e in questo periodo abbiamo visto il Papa molto fragile e vulnerabile», sottolinea Trevisi, invitando a «mantenere e alimentare l’affetto che le persone hanno manifestato» nei confronti di Francesco anche verso quanti vivono un momento di fragilità. Dal giorno del ricovero, il 14 febbraio, molti si sono infatti rispecchiati nella sofferenza del pontefice. «Siamo chiamati – aggiunge Trevisi – a fare tesoro di quanto il Papa ci ha mostrato. Anche le nostre fragilità, che siano la malattia o altro, possano diventare monito a non perdere tempo in cose che non sono l’essenziale».

Il primo pensiero del Papa è stato ancora per la pace: ringraziando per le preghiere per la sua salute, ha aggiunto «preghiamo anche per la pace». «Il tema della pace è nel cuore del Papa. Una pace giusta, che significa schierarsi dalla parte delle vittime», precisa Trevisi. «Talvolta si spengono le armi perché prevale la prepotenza di qualcuno. L’impegno per la pace deve vedere tutte le persone coraggiose fare la propria parte. È un processo lungo, ma deve partire da mediazioni, anche difficili, purché tacciano le armi e si torni a parlarsi».

Ora si apre per Francesco un periodo di riposo e convalescenza. «Ci ha mostrato una grande fantasia nel saper fare anche gesti simbolici e saper essere sulla breccia di tante fatiche e speranze», ricorda Trevisi. «Ha sempre detto che, fino a quando ce la farà, ci indicherà le strade della speranza. Auguro al Papa di ristabilirsi e che possa tornare a indicarci come coniugare il Vangelo, che è buona notizia, con la vita di oggi, che ne ha tanto bisogno. Ma siamo chiamati anche a incarnare questa buona notizia nella speranza». 

Udine

Come san Giovanni Paolo II, che s’affacciò dalla penultima finestra del terzo piano del Palazzo Apostolico pochi giorni prima della morte, anche papa Francesco si è mostrato al mondo ieri senza nascondere la propria sofferenza, con la voce fiaccata dalla polmonite bilaterale e dalle cure a base di ossigeno a cui si è sottoposto in questo mese di ricovero al Gemelli. «Proprio come san Giovanni Paolo II, Francesco è un grande testimone di come si possano portare la sofferenza, la croce, anzitutto con dignità umana e poi anche con fede e la capacità di offrire la sofferenza che sta vivendo». A dirlo è l’arcivescovo di Udine, Riccardo Lamba, che dopo aver celebrato i vespri domenicali nel duomo del capoluogo friulano ha rivolto un pensiero per il giorno di giubilo che ha vissuto il mondo cattolico.

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«È stato un momento di gioia, di consolazione: in fondo è come quando in famiglia apprendiamo dei miglioramenti di un nonno, di un genitore, di uno zio alle prese con qualche problema di salute – sottolinea il presule –. Quello che ha vissuto il Santo Padre è stato un momento molto forte dal punto di vista spirituale: la sofferenza, quando è vissuta in prima persona, diventa anche un’esperienza di condivisione con tante persone che soffrono, che hanno malattie croniche, debilitanti, invalidanti».

Dopo le dimissioni, Francesco sarà atteso ora da una lunga convalescenza: «Credo che continuerà a essere, così come potrà, presente con i suoi messaggi, la sua preghiera: questo è motivo per noi grande consolazione – riflette Lamba –. Certo dovrà riguardarsi. Lo diciamo come lo diremmo al nostro papà: “Siamo contenti, ma sta’ riguardato!”. E con l’aiuto di Dio potrà rimettersi al meglio per continuare ad aiutare la Chiesa nel cammino che sta facendo».

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