Dazi Usa, vale 1,9 miliardi l’export in ballo del Friuli Venezia Giulia

Gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale per le imprese regionali. Agroalimentare e automotive i settori su cui si temono i maggiori effetti

Giorgia Pacino
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Foto Agf
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Foto Agf

Un mercato strategico e non facilmente sostituibile, che da solo vale poco meno di 2 miliardi di euro. Ora che la minaccia di dazi da parte degli Stati Uniti si fa sempre più concreta – dopo Canada e Messico, mercoledì Trump ha messo nel mirino anche l’Unione europea, che ha definito «molto, molto cattiva» nei confronti dell’alleato – anche per le imprese della regione il contraccolpo potrebbe essere durissimo.

Gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale del Friuli Venezia Giulia, con 1,9 miliardi di euro di export fatti registrare nei primi nove mesi del 2024.

Secondo le elaborazioni dell’ufficio studi di Confindustria Udine, il valore delle esportazioni dirette oltreoceano è sceso del -3,4% rispetto allo stesso periodo del 2023, ma resta stabilmente in vetta rispetto agli altri Paesi di destinazione.

La parte del leone la fa il comparto navi e imbarcazioni, che coinvolge trasversalmente più di un settore di attività e da solo vale quasi 985 milioni di euro. Quasi la metà del totale.

Subito dopo i mezzi di trasporto, le cifre più alte arrivano da macchinari e apparecchiature (328 milioni), mobili (271 milioni) e prodotti alimentari (77 milioni). Senza dimenticare settori con un peso specifico minore, ma comunque in crescita nell’ultimo anno, come il settore chimico (+95,9%), il farmaceutico (+60,5%) e quello delle apparecchiature elettriche (+50%).

Ora il paventato ritorno del tariff – la «parola più bella del dizionario», l’ha definita Trump – potrebbe mettere a rischio questi numeri.

«Siamo in un cambio di fase. E quando c’è un cambiamento così radicale della politica di una “potenza imperiale” ne risente tutto l’impero», riflette il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti.

 

Il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti
Il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti

A preoccupare il numero uno degli industriali di Pordenone, Trieste e Gorizia è l’effetto sulle produzioni di una regione «fortemente esportatrice» come il Fvg.

Agroalimentare in primis, con i vini e i prosciutti molto amati negli States.

Diverso potrebbe essere l’impatto sulla filiera dell’automotive e non per forza negativo, secondo Agrusti. «Trump ha rotto l’incantesimo del “tutto elettrico” e questo potrebbe avere ripercussioni sulla nostra industria della fornitura di componentistica». Il vero nodo riguarda però la capacità del sistema di reagire alla minaccia di nuove tariffe. «L’Europa deve reagire come potenza alleata e concorrente degli Stati Uniti», esorta Agrusti. «Non è un problema che si risolve in Fvg né in Italia. Serve un negoziato robusto e paritario tra Europa e Stati Uniti». Visto, tra l’altro che di mercati alternativi agli Usa non se ne vedono.

«Nel breve periodo le aziende della regione non potrebbero indirizzarsi altrove. I mercati di sbocco si stanno riducendo: gli Stati Uniti per noi sono un mercato strategico, anche perché abbiamo perso il mercato russo», fa notare il presidente di Confindustria Udine, Luigino Pozzo.

 

Il presidente di Confindustria Udine, Luigino Pozzo
Il presidente di Confindustria Udine, Luigino Pozzo

I maggiori problemi, a suo dire, arriveranno nel momento in cui saranno introdotti i controlli sulla catena del valore. «Il sistema manifatturiero sarà soggetto a verifiche della provenienza della materia prima. Questo potrebbe comportare una complicazione per chi esporta».

L’auspicio di Pozzo è che gli Usa del reinsediato Trump si concentrino nel «contrastare la cresta dei Brics, che da soli rappresentano il 30% del Pil mondiale». Per l’Ue, secondo Pozzo, «dipende tutto dagli accordi politici e dalla bilancia commerciale. È difficile fare previsioni sui mercati più a rischio», aggiunge. Anche questo «farà parte di una contrattazione che avverrà nei prossimi mesi».

Una posizione di attesa condivisa anche dal settore vinicolo, che potrebbe essere tra i primi a risentire del rincaro delle tariffe. «Per i vini del Fvg gli Stati Uniti sono un mercato importante perché stanno assorbendo prodotto: i vini bianchi sono ben conosciuti negli States», spiega Stefano Trinco, presidente di Doc Friuli. «I dazi rappresentano un danno, ma, stando agli annunci, potrebbero essere in parte bilanciati da misure interne per aumentare i consumi dei cittadini americani, che potrebbero acquistare anche prodotti italiani e friulani». —

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