Cambiamenti climatici e inquinamento dell’aria: boom di allergie

Ne soffre una persona su tre: impennata di riniti, congiuntiviti e asma severa. Lo studio dell’Università di Padova,  Crivellaro: «Forme gravi nell’80% dei casi, ora colpiti anche adulti e anziani»
Elena Livieri
Uno studio dell'Università di Padova rivela la relazione tra allergie, inquinamento e cambiamento climatico
Uno studio dell'Università di Padova rivela la relazione tra allergie, inquinamento e cambiamento climatico

L’inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici stanno condizionando, tra le altre cose, anche le malattie.

Un esempio sono le allergie e le patologie respiratorie la cui aumentata diffusione e grado di severità sono provati effetti proprio dell’ambiente che sta cambiando.

E peggiorando. «Allergie e patologie respiratorie in un mondo che cambia” è, non a caso, il titolo del convegno in programma la prossima settimana nell’Aula Morgagni dell’Azienda Ospedale- Università di Padova, promosso dall’Unità semplice dipartimentale di Allergologia e dall’Unità complessa di Medicina del Lavoro.

Verranno presentati i dati di un monitoraggio lungo vent’anni che dimostra come all’aumentare degli agenti inquinanti, di pollini e spore nell’aria, aumentino le allergie e le malattie respiratorie sia in termini di incidenza che di gravità.

E come l’aumentare di questi elementi sia direttamente collegato al cambiamento climatico e al conseguente innalzamento delle temperature. A occuparsi con particolare dedizione al tema nell’ambito del reparto di Allergologia diretto dal professor Mauro Cancian, è l’allergologa Maria Angiola Crivellaro, che anticipa alcuni contenuti del convegno.

Lo scenario

«Gli studi che presentiamo dimostrano la chiara correlazione fra l’aggravamento delle patologie respiratorie e le allergie in parallelo ai cambiamenti climatici. Parliamo in particolare di riniti e asma» precisa Crivellaro, «con una elevatissima percentuale, dal 15 al 20% di riniti - quindi starnuti, naso che gocciola e tosse - che evolvono in asma severa con sintomi respiratori diurni ma anche notturni che sono quelli che preoccupano di più.

Un terzo della popolazione soffre di allergia e fino al 25% della popolazione generale di rinite a cui spesso si associa la congiuntivite. Il picco si registra fra gli adolescenti e più diffusamente negli ambienti urbani con maggiore concentrazione di inquinanti». Quello descritto è lo scenario generale in cui si innesta lo studio dei ricercatori padovani.

Il monitoraggio

L’Azienda ospedaliera di Padova è dotata di una strumentazione particolare che consente da oltre vent’anni il monitoraggio costante della qualità dell’aria e i cui dati vengono condivisi con l’Arpav e inseriti nella rete nazionale per il monitoraggio pollinico: «Si tratta di un campionatore installato sul tetto di uno dei nostri edifici» conferma Crivellaro, «che “aspira” l’aria con lo stesso flusso con cui lo farebbe il naso di una persona.

Questo ci consente di avere i dati effettivi di cosa respiriamo. Attraverso questo strumento documentiamo sia la presenza di pollini e spore sia di inquinanti chimici. Abbiamo quindi messo a confronto i dati dal 2000 al 2021 sui pollini di graminacee, betulle e noccioli e spore. Quello che abbiamo rilevato è che la concentrazione di pollini è passata da una media di 60 particelle per metro cubo a una media di 200 con picchi prolungati fino a 270. Da tener presente» sottolinea l’allergologa, «che la soglia in cui possono iniziare a comparire sintomi di allergia è di 30 particelle per metro cubo». Dai rilievi non si evidenzia soltanto l’aumento esponenziale delle particelle, bensì anche del periodo in cui si concentrano:

«Per esempio i pollini di graminacee che una volta erano presenti tra aprile e giugno» sottolinea Crivellaro, «oggi vengono rilevate da febbraio fino a settembre. Questo è un andamento innegabilmente legato al cambiamento climatico e al riscaldamento globale che anticipa e prolunga la stagione dei pollini. La stessa Co2, l’anidride carbonica, influenza la vegetazione perché fa aumentare la fotosintesi, cosicché le piante producono più pollini e, come abbiamo rilevato, con caratteristiche allergiche più aggressive. Potremo parlare di “polline inquinato” in un certo senso». Tutti questi elementi messi insieme stanno producendo effetti sull’uomo e sulle malattie.

L’evoluzione dell’allergia

Forme più gravi che colpiscono principalmente i più giovani ma che compaiono anche in adulti e anziani mai stati allergici prima: negli ultimi anni sta cambiando l’identikit dei pazienti ma anche le diagnosi.

«Nell’ambito dell’attività ambulatoriale» conferma Crivellaro, «le forme lievi di rinite e asma sono pochissime. Vediamo principalmente pazienti con sintomi già in fase grave e complessa. Almeno l’80% dei casi è riferibile a patologia severa» sottolinea l’allergologa, «che richiedono una gestione molto più complessa sia per l’approccio diagnostico che terapeutico, spesso richiedendo un contributo multidisciplinare.

Non sono forme in cui può bastare l’assunzione del farmaco al bisogno, ma richiedono terapie farmacologiche sul lungo periodo».

Oltre alla complessità, ad aumentare sono anche i casi, con le richieste praticamente raddoppiate e il conseguente allungarsi delle liste d’attesa.

Poi c’è l’elemento età: «Se una volta l’allergia era peculiare dell’età più giovane, oggi - pur mantenendosi il picco negli adolescenti - ci sono adulti e anziani con la prima comparsa dei sintomi di allergia, cosa che prima non si vedeva» rileva Crivellaro.

L’effetto dei pollini e delle spore viene poi accentuato dall’inquinamento: «Gli inquinanti chimici determinano l’infiammazione delle vie respiratorie, sono quindi un co-fattore e amplificatore della patologia respiratoria. Infatti molte forme di asma non sono legate all’allergia bensì a fattori inquinati come le polveri sottili».

Infine, è tempo di dimenticare anche il paradigma allergia-primavera: «Non solo perché come abbiamo detto la stagionalità di alcuni pollini si è estesa» rileva Crivellaro, ma perché ci sono pollini invernali come quello dei cipressi e spesso i sintomi allergici vengono confusi con quelli di virosi tipiche della stagione. È importante una diagnosi corretta perché siamo di fronte a un “killer” invisibile che può fare danni enormi».

Riproduzione riservata © Il Piccolo