Quei super-droni sottomarini che fanno base nel Porto Vecchio di Trieste

La flotta di droni si muove grazie all’Intelligenza Artificiale per esplorare i fondali dell’Oceano. Il centro di collaudo di Sonsob, divisione del gruppo Saipem, ha sede nell’area Adriaterminal. Ce ne parla il capo della robotica Mauro Piasere

Piercarlo Fiumanò
Il drone FlatFish sullo sfondo del Porto Vecchio: si muove in modalità wireless sui fondali
Il drone FlatFish sullo sfondo del Porto Vecchio: si muove in modalità wireless sui fondali

TRIESTE Nell’area dell’Adriaterminal in Porto Vecchio a Trieste c’è una flotta di droni sottomarini capace di muoversi in fondo al mare a tremila metri di profondità. Il programma, chiamato Hydrone, schiera con vista Golfo questi robot con grandi arti d’acciaio che ricordano le navicelle del comandante Cousteau e sono capaci di operare in completa autonomia sui fondali oceanici grazie all’intelligenza artificiale.

Il super-drone HydroneR o pera fino a 3.000 metri di profondità
Il super-drone HydroneR o pera fino a 3.000 metri di profondità

Mauro Piasere, Chief operating officer Robotics and Industrialized Solutions di Saipem, la divisione del colosso dell’ingegneria attivo anche nella robotica sottomarina, spiega la presenza dei droni:

I droni senza fili si muovo su fondali dell’Oceano grazie all’AI

«É il nostro campo di esercitazione. Un palcoscenico che spesso è visitato da nostri clienti industriali provenienti da tutto il mondo. Tutte le operazioni sono eseguite in modalità wireless e i droni sono in grado di operare in fondo al mare senza fili continuativamente fino a 12 mesi alternando 12 ore di lavoro e 12 ore di ricarica grazie a docking station collocate sul fondale.

Possono gestirsi in completa autonomia perchè capaci di apprendere grazie all’intelligenza artificiale».

La base di collaudo a Trieste

A Trieste la base di collaudo dei droni è controllata da Sonsub, centro per lo sviluppo e l’industrializzazione di tecnologie e soluzioni subacquee di Saipem con uffici progettuali a Marghera.

Saipem è un grande gruppo al centro della transizione energetica (ha installato il primo campo eolico galleggiante al mondo in Scozia) nonchè leader nell’installazione di condotte sottomarine e impegnato nella costruzione delle linee dell’alta velocità ferroviaria.

Con circa 10 miliardi di ricavi realizzati nel 2022 e un portafoglio ordini di 24 miliardi nel 2022, Saipem è controllato da Eni (31,19%) e Cdp Equity (12,82%) ed è presente in oltre 50 paesi con oltre 30mila dipendenti. I droni schierati a Trieste hanno ciascuno la propria specialità.

Il drone FlatFish alle prese con le meduse nel Golfo di Trieste
Il drone FlatFish alle prese con le meduse nel Golfo di Trieste

Ad esempio FlatFish (pesce piatto), così si chiama, è capace di operare opera fino a tremila di profondità con navigazione autonoma e quindi può ispezionare il mare ad ampio raggio. Come racconta Piasere è stato capace grazie all’intelligenza artificiale di manovrare con abilità anche in mezzo alla marea di meduse che in alcuni periodi dell’estate si presenta nel Golfo triestino.

Ma quali sono le missioni dei droni?

Lo spiega ancora Piasere: «I droni sviluppati da Sonsub possono essere estremamente efficienti e competitivi nelle attività di monitoraggio delle biodiversità marine, nei piani di sorveglianza dei porti e delle infrastrutture critiche associate come rigassificatori e gasdotti, nello svolgimento di campagne di monitoraggio ambientale, nella tutela dei siti archeologici in acque profonde e nella mappatura dei fondali. I nostri droni sono capaci di rimanere sul fondo del mare continuativamente fino a 12 mesi, caratteristica peculiare che solo i droni Saipem riescono a garantire».

Il centro, che ha una sede anche ad Aberdeen in Scozia, è leader nel campo delle tecnologie per la robotica sottomarina e nella gestione operativa di emergenze in mare, nel monitoraggio di infrastrutture e delle biodiversità marine e nella sorveglianza e protezione di asset critici.

La base a Trieste

La base triestina del Magazzino 23 è un’area aperta di 27.900 metri quadrati e al suo interno opera anche l’Oie (Offset Installation Equipment), l’unica tecnologia al mondo in grado di bloccare la fuoriuscita di idrocarburi da un pozzo petrolifero che possa essere provocata da guasti o esplosioni. Un tecno-tappo realizzato per Oil Spill Response Limited (Osrl) leader mondiale nella gestione delle emergenze petrolifere in mare: «La chiamiamo “mongolfiera subacquea”, consente di intervenire su fuoriuscite incontrollate di idrocarburi da pozzi sottomarini a profondità comprese tra 20 metri e 850 metri quando non è possibile un accesso diretto dall’alto», spiega Piasere.

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