Caso Regeni 2016-2024, otto anni senza Giulio «ma la svolta è vicina»
Fiaccolata, flash mob e commemorazione a Fiumicello in attesa della prima udienza del processo a Roma contro quattro 007 egiziani
FIUMICELLO VILLA VICENTINA. Sono trascorsi 2.922 giorni da quella sera del 25 gennaio 2016 quando Giulio Regeni, 28 anni, ricercatore dell’università di Cambridge originario di Fiumicello, fu rapito in Egitto e poi fatto ritrovare senza vita, il 3 febbraio, lungo la strada che dal Cairo porta ad Alessandria.
Duemilanovecentoventidue giorni di calvario per la famiglia - mamma Paola, papà Claudio e la sorella Irene - , di mobilitazione del “popolo giallo” per chiedere a gran voce, in tutti questi 8 anni, “Verità e giustizia per Giulio”.
Ma adesso dopo frustrazioni, delusioni, reticenze da parte delle autorità egiziane, siamo davvero vicini a una svolta. Mancano infatti appena 25 giorni alla celebrazione della prima udienza del processo, a Roma, contro quattro 007 del regime di Al Sisi accusati del rapimento, della tortura e poi dell’uccisione del giovane friulano.
E la fiaccolata, il flash mob e la commemorazione di Giulio, a Fiumicello, nel 2024, hanno avuto un filo conduttore, vale a dire quello della speranza di una svolta, finalmente concreta, almeno per quanto riguarda la giustizia processuale. «La speranza più grande, è arrivare al processo del 20 febbraio - ha confermato Paola Deffendi in collegamento con la trasmissione “Il cavallo e la torre” condotta da Marco Damilano - . Siamo riusciti a fare un varco che nessuno aveva mai fatto prima - ha aggiunto la donna con una punta di orgoglio - , a noi costa tantissimo, ma lo facciamo perchè crediamo nella giustizia, per arrivare a questo processo: è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta. L’ho pensato adesso e non l’ho mai detto, una vera giustizia per Giulio ci sarà quando anche tutti gli altri Giuli e Giulie d’Egitto non avranno più paura di dire ciò che pensano»
Claudio Regeni ha ricordato i due momenti più dolorosi della vicenda che ha sconvolto la vita di quella che era - come ha detto - «una famiglia che scherzava tanto». «Le cose che ci hanno fatto più male - ha affermato - sono state il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo e la vendita delle fregate da guerra al regime. Per noi come italiani dare più importanza alla vendita di armi piuttosto che cercare verità e giustizia per Giulio e pensare ai diritti umani, sono state cose dolorose».
Nella grande palestra del pattinaggio di Fiumicello quando i Regeni, con accanto l’inseparabile avvocato Alessandra Ballerini, hanno srotolato l’ormai iconico striscione giallo con la scritta nera “Verità per Giulio Regeni”, i tanti partecipanti - almeno 400, forse 500 persone - si sono alzati in piedi di scatto e hanno cominciato ad applaudire, ad applaudire sempre più forte.
Con loro, in prima fila, gli amici storici dei Regeni, le attrici Ottavia Piccolo e Lella Costa, l’ex presidente della Camera Roberto Fico, il giornalista Beppe Giulietti, i presidenti dell’Ordine dei giornalisti Bartoli e il numero uno della Federazione della stampa Di Trapani, tanti sindaci, amministratori, politici, gente comune che nel cuore condivide almeno un pezzetto di quella lacerante ferita della famiglia Regeni per un dramma inimmaginabile. «Ho visto sul viso di Giulio tutto il male del mondo», disse a suo tempo la mamma. E quelle parole fanno ancora oggi rabbrividire, a 8 anni di distanza, tanto sono potenti e dolorose.
Nella piazza dei Tigli, davanti al municipio, il flash mob intitolato “Tutti i nodi vengono al pettine”, i discorsi del governo dei ragazzi con il baby sindaco Elia Gasparini e il ricordo di don Gigi Fontanot, l’anziano sacerdote che conobbe Giulio ai tempi delle scuole e che nel febbraio 2016 ne celebrò il funerale. «Giulio cercava il bene nelle persone, nel prossimo», ha ribadito il parroco. «Giulio è un simbolo grazie all’impegno della sua famiglia e il processo sarà una svolta», ha osservato il consigliere regionale di Open Sinistra Fvg Furio Honsell.
«Il governo italiano - ha ammonito l’ex presidente Fico - deve fare molto di più e la Meloni deve fare molto di più: devono mettersi in marcia per far comprendere che la questione dei diritti umani è una questione centrale, vanno supportati e costruiti sempre. Questo è un anno significativo perchè la Corte costituzionale, grazie al lavoro incessante fatto dal “popolo giallo” che non ha mai mollato, ha detto che un processo si può fare. Si tratta di una questione di Stato, perchè in Egitto è stato torturato e ammazzato un nostro giovane concittadino
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