Zara, la città-cerniera così legata e divisa da un’Italia lontana
TRIESTE «Che terra è questa?». «Questa è l'Illiria mia signora». «E che ci faccio io in Illiria?».Usa le battute del primo atto della “Dodicesima notte” Lucio Toth per aprire il suo “Storia di Zara” (edizioni Biblioteca dell'Immagine, 318 pagine, 14 euro). Il volume, che è stato in vetrina al Salone di Torino, sarà acquistabile anche con Il Piccolo a partire dal 5 luglio. «In questi pochi versi, soffusi di ironia - scrive l’autore - William Shakespeare coglie tutto il mistero e le fantasticherie su una terra poco conosciuta».
Una terra che gli italiani continuano a conoscere poco e male, che non hanno mai sentita loro, come ricorda Toth nelle pagine dedicate al drammatico 8 settembre quando i nostri soldati fuggivano da Zara dicendo: «Torniamo in Italia», e le zaratine replicavano stupite: «E questa cos'è?».
Tutto il volume di Lucio Toth ha come filo conduttore i legami antichi e profondi della sua Zara, ma anche di tutta la Dalmazia, parte consistente dell'antica Illiria, con la Penisola dirimpettaia.
L'Autore viene da famiglia di tradizioni irredentiste, che ha dovuto lasciare la città con l'esodo della popolazione italiana alla fine della seconda guerra mondiale. È stato magistrato e impegnato, fin da ragazzo, nell'associazionismo cattolico. Nel 1987 è stato eletto senatore a Napoli per la Dc. Dal 1992 al 2013 è stato presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd). Autore di saggi e articoli di carattere giuridico, storico e politico, ha pubblicato di recente due romanzi di ambiente dalmata: "La casa di Calle San Zorzi" sulle vicende di Zara nel Novecento e "Spiridione Lascarich Alfiere della Serenissima" sulle guerre turco-venete del Seicento in Dalmazia e in Grecia.
Ma torniamo al libro: la collocazione di Zara nell'Occidente si deve alla riforma di Diocleziano e questo fa sì che la città si ponga come cerniera tra l'oriente greco-bizantino e l'occidente romano-germanico. E c'è un periodo in cui Zara, diventata capitale del regno di Dalmazia, si trova a essere riunita con l'Italia Meridionale, sotto la corona degli Angiò, che regnano pure su Croazia e Ungheria. Una situazione politica che favorirà nei secoli futuri le relazioni con l'Italia, che influenzano la cultura dalmata.
Toth ricorda tra gli altri, nel XV secolo, l'architetto Giorgio Orsini, chiamato Giorgio il Dalmatico, al quale si deve lo splendido Duomo di Sebenico, oltre a chiese e palazzi ad Ancona e a Fermo; lo scultore Francesco Laurana e il fratello Luciano architetto, tra i protagonisti del Rinascimento italiano; il letterato Gianfrancesco Fortunio, Francesco Patrizio da Cherso e tanti altri.
Uno sviluppo culturale che si dipana nei secoli, nonostante la frequenza delle guerre. Zara infatti è in prima linea davanti al grande nemico dell'Europa cristiana: il Turco.
Dal 1409 la città si è data a Venezia, dopo una strenua lotta per la propria autonomia, e viene trattata in modo paritario dando ai suoi abitanti lo status di cittadini veneti e ammettendo i suoi "maiores" nel Gran Consiglio di Palazzo Ducale. Del resto Zara è strategica, è il cardine della difesa di Venezia. Però è stretta tra due fuochi: da una parte l'Impero Ottomano, dall'altra l'Austria, formalmente alleata di Venezia contro i turchi, che però approfitta della situazione per combattere la Serenissima, sostenendo i pirati Uscocchi che taglieggiano i mercantili veneziani.
Per quattro secoli Zara sarà fedelissima a Venezia. Sono decenni in cui guerre, epidemie, rivolte sociali approfondiscono il solco tra le città costiere della Dalmazia e l'interno e in tutta l'area l'elemento slavo continua a espandersi. Solo Zara, dentro le mura, mantiene il suo carattere peculiare, un'autonomia, un genius loci, sottolinea Toth, che si perpetuerà anche dopo il '45 e verrà trasmesso ai nuovi zaratini.
Alla fine del '700 crolla Venezia e arriva Napoleone. Gli zaratini condividono i principi della Rivoluzione francese e si trovano di nuovo in guerra. Stavolta ad assediarli è la flotta austro-inglese.
Nel breve dominio napoleonico la città viene a far parte delle Province illiriche, ma durerà poco: Napoleone sarà sconfitto e l'Adriatico orientale diventerà austriaco. Zara riprende il ruolo di capitale della Dalmazia, la città cresce grazie alle opere pubbliche (come l'acquedotto) dell'amministrazione austriaca ma non dimostra gratitudine: «La nostalgia per la Serenissima si incontrò - sottolinea Toth - con la diffusione delle idee liberali nelle élites civili e militari di tutte le province adriatiche dell'Impero austriaco considerate culturalmente "italiane"». E si fanno più violente le contrapposizioni etniche.
I dalmati italiani sono partecipi del Risorgimento, con le società segrete come avveniva nella Penisola, sono partecipi dei moti del '48 e dell'impresa garibaldina. Il più illustre degli intellettuali dalmati, Niccolò Tommaseo è alla guida della repubblica di San Marco insieme a Daniele Manin. La "primavera dei popoli" è però sentita pure dai croati, che rivendicano la loro primazia.
Dopo l'unificazione italiana del 1861 (che vede gli zaratini festeggiare nelle strade) cambia l'atteggiamento delle autorità austriache verso gli italiani, divenuti un'esigua minoranza nell'Impero, dopo la perdita del Lombardo-Veneto.
In Dalmazia, la popolazione italiana è il 10 per cento del totale.
Certo le elezioni per censo consentono agli italiani di essere al potere in municipi importanti come Spalato, Sebenico e Traù oltre a Zara, però l'affermazione di una borghesia slava (come stava avvenendo a Trieste) aumenta la pressione sull'elemento italiano. Zagabria rivendica la Dalmazia con l'appoggio dei governatori austriaci. La Dieta dalmata rifiuta e così fa la Dieta fiumana e quella istriana (ma nei confronti di Vienna), le tre "Diete del nessuno", così denominate dal voto espresso dai deputati che si battono per l'autonomia. Una delegazione dalmata, presieduta dal magistrato zaratino Luigi Lapenna viene ricevuta dall'Imperatore e almeno nella forma le garanzie vengono mantenute.
Con la terza guerra di indipendenza e lo sconfitte di Custoza e Lissa è segnata la sorte dei dalmati italiani e degli altri italiani in seno all'Impero. Il Regno ha problemi interni di cui occuparsi: la questione romana, il brigantaggio nel Sud, la rivalità con la Francia nel Nord Africa che lo spinge a stipulare con l'Austria e la Germania la Triplice Alleanza. La reazione è l'irredentismo. Il primo a usare il termine "terre irredente" è Matteo Renato Imbriani in un convegno a Napoli nel 1877 da cui nasce l'"Associazione per l'Italia irredenta" alla quale aderiscono personalità repubblicane come Garibaldi, Aurelio Saffi, Benedetto Cairoli, Felice Cavallotti.
Ma Roma getta acqua sul fuoco invitando gli italiani dell'Impero al lealismo verso gli Asburgo nel quadro di un autonomismo che li salvi dall'egemonia slava.
Con la Grande Guerra Zara diventa italiana. Ma è la "vittoria mutilata" e D'Annunzio è l'interprete principale dell'amarezza dei dalmati, che vedono gran parte della loro regione passare sotto il regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Cominciano le persecuzioni contro gli italiani. A Spalato due ufficiali della nave militare Puglia, mandata da Roma per proteggere la minoranza italiana, vengono uccisi. La notizia si propaga lungo tutta la costa e a Trieste la ritorsione è pesantissima: viene incendiato il Balkan. L'atmosfera si fa sempre più irrespirabile, tanto che tra i dieci e i ventimila dalmati italiani se ne vanno. È il primo esodo.
Il Fascismo esaspera i conflitti etnici. L'opposizione al regime si radica nel movimento operaio ma anche in quella borghesia irredentista liberale giuliana e dalmata. «Il risultato immediato - sottolinea Toth - è di spaccare in due l'unità di intenti del movimento irredentista prebellico e quindi le classi dirigenti italiane della regione».
La seconda guerra mondiale segnerà la distruzione di Zara: 57 bombardamenti sventrano l'80 per cento degli edifici. Il 90 per cento dei suoi abitanti se ne andrà. Bombardamenti dovuti a false informazioni, scrive Toth, passate dagli jugoslavi agli inglesi.
Poi arrivano i partigiani che entrano in una città spettrale. Si scatena la caccia ai pochi italiani rimasti. Poi un lungo silenzio. Ci vorranno decenni per la ricostruzione e Zara si sviluppa puntando sul turismo. Anni Novanta è di nuovo guerra. Zara è assediata, ma combatte per la Croazia indipendente, per quel genius loci che i precedenti abitanti hanno lasciato: gli esuli che in quegli anni si prodigano per mandare aiuti alla loro città, dove è rinata una piccola comunità italiana.
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