Vita e intrighi degli Asburgo la dinastia che unì i popoli sognando l’Europa moderna

“La storia degli Asburgo” (edizioni Leg Gorizia, pagg. 508 pagine, Euro 26,00) è raccontata da Jean des Cars, giornalista e scrittore, discendente da una delle più antiche famiglie di Francia fedele ai Borboni, di cui molti membri furono alti funzionari dello Stato. L’autore ha pubblicato numerosi lavori sulle grandi dinastie europee, i Windsor, i Romanov, i Wittelsbach, sei libri sui treni celebri e un Dizionario amoroso dei treni.
La biografia rivela che si tratta di un aristocratico e che questa è l’ottica con cui tratta l’imponente materiale su “una dinastia che rappresenta l’Europa” e che è stata travolta dalla “miope ideologia” del trattato di Versailles, origine di ogni male, primo tra tutti Adolf Hitler. L’inveterato odio di George Clemanceau, capo del governo francese, verso tedeschi e austriaci produsse l’infelice accordo che concluse la Grande Guerra, dal tavolo negoziale fuggì non a caso John Maynard Keynes, oggi celebrato per le sue intuizioni.
Ma veniamo ai principali personaggi trattati da Jeans des Cars, che segue la cronologia. Il primo è Rodolfo, nato nel 1218, che diventa a 55 anni imperatore, all’epoca carica elettiva di cui erano titolari principi e vescovi soprattutto tedeschi, perché considerato scialbo e poco pericoloso. Invece regna per 18 anni, mette ordine in Europa sconvolta da vent’anni di anarchia e inaugura la politica matrimoniale che caratterizzerà gli Asburgo, perché ha sei figlie da sistemare. E con i matrimoni andiamo a Massimiliano I che fonda l’immenso impero nel quale il sole non tramonta mai, secondo suo nipote, Carlo V, che dominava su mezza Europa e una bella fetta del continente americano, grazie al matrimonio combinato da Massimiliano tra il figlio Filippo il Bello e Giovanna la pazza, nata dall’unione tra Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona. Carlo V, dopo una vita di guerre contro Francesco I di Francia e i protestanti, muore in un’umile dimora con il saio da frate.
Di matrimonio in matrimonio arriviamo a Maria Teresa, che il padre Carlo VI impone sul trono, nonostante sia femmina. Non è facile per lei consolidare il suo regno, la tormenta l’eterno nemico Federico II di Prussia. E pure gli ungheresi. Ma lei ce la fa grazie a un matrimonio riuscito, il suo con Francesco I di Lorena, che diventa imperatore; lei lo è, ma solo come sua sposa. In realtà chi governa è Maria Teresa, nonostante un’istruzione non proprio eccellente, un tedesco sgrammaticato e dialettale. Hanno sedici figli, di cui sei muoiono e Maria Teresa diventa la “suocera d’Europa” perché porta al massimo grado la politica dei matrimoni. Prima di restare vedova amava le feste, i balli e il buon cibo, quest’ultimo anche dopo, nonostante i maneggi del suo medico curante per tenerla a dieta. Tutto il contrario suo figlio e co-governante, Giuseppe II, che continua e amplia le riforme materne. Un illuminista che però non è amato dal popolo. Poi c’è Fracesco I, il grande nemico di Napoleone che alla fine riuscirà a vincere, dopo avergli dato in sposa, per tenerlo buono, la figlia Maria Luisa, una seconda Asburgo sul trono di Francia, dopo la tragica Maria Antonietta. E veniamo a tempi a noi più vicini con Francesco Giuseppe che, nella sua lunga vita, colleziona più sconfitte di Matteo Renzi, ma diventa un’icona di buon governo, come un’icona di fascino e bellezza diventa sua moglie Sissi, sposata contro il parere (l’unica volta) della madre Sofia, la vera artefice della sua salita al trono. Jean des Cars riserva ampio spazio all’inizio e alla fine del suo libro a Otto d’Asburgo, che ebbe il coraggio di rifiutarsi di incontrare il Führer e di dirgli di no, rischiando la vita tanto da essere costretto a fuggire negli Stati Uniti, quando la Francia venne occupata dai nazisti. Un principe colto, parlava nove lingue, e di spirito: invitato a una conferenza a Madrid si trovò sullo stesso aereo con l’attrice Romy Schneider, all’apice del successo grazie ai film su Sissi. In aeroporto tutti aspettavano lei e passò inosservata la presenza di un asburgo autentico, pronipote dell’infelice imperatrice. Otto d’Asburgo raccontava divertito questo episodio. Il mancato imperatore divenne deputato europeo perché nell’Europa unita ci credeva. In fondo l’impero dei suoi avi era stato un modello di unione di popoli, tanto significativo da aver indotto Talleyrand, il grande camaleonte francese, ad affermare: “Non distruggiamo noi l’Austria: è il baluardo d’Europa”. Clemanceau non ne tenne conto e la distrusse con le conseguenze che conosciamo. —
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