Vinicio Marchioni a ShorTS: «Porterò in teatro I soliti ignoti»

L’attore di “Romanzo criminale”, giurato al festival, dirigerà la prima versione per la prosa della commedia di Monicelli, ricoprendo anche il ruolo che fu di Gassman

TRIESTE. La parola che ricorre più di frequente nelle risposte di Vinicio Marchioni è “grazia”, «una qualità straordinaria che tutti dovremmo riscoprire». Perché, dice l’attore diventato celebre nei panni del Freddo della serie “Romanzo criminale” e poi nel cinema di tanti autori, da Woody Allen a Paolo Genovese, «la parola “grazia” aspira alle altezze dell’essere umano, ma con leggerezza, senza prendersi troppo sul serio». Ed è questa la qualità che predilige quando sceglie i suoi progetti, e forse anche i lungometraggio che sta valutando da giurato della sezione Nuove Impronte a ShorTS Film Festival. Marchioni arriverà a Trieste per il weekend di chiusura e premiazioni. Con una grossa novità per il 2020 a teatro: a marzo debutterà con la prima versione teatrale di “I soliti ignoti”, ispirato alla commedia capolavoro di Mario Monicelli. Marchioni interpreterà il mitico ruolo di Vittorio Gassman e firmerà la regia.

Come sarà la sua versione di “I soliti ignoti”?

«Voglio condividere con il pubblico un’Italia che non esiste più, molto più ingenua, più pura e accogliente. Ma proprio nella grande arte dell’arrangiarsi si nascondono anche tutti i vizi insiti nel nostro dna, compreso il fatto di fregarci l’uno con l’altro».

Il film di Monicelli è uscito al cinema 61 anni fa: cos’ha ancora da raccontarci quella storia?

«Quella fame del primo dopoguerra è paragonabile alla crisi e al malessere che stiamo vivendo in modo generalizzato negli ultimi mesi. Vorrei tirare fuori anche la grazia di quel popolo che era capace di sorridere di se stesso con un’ironia e un’intelligenza che abbiamo perso».

Nei prossimi mesi la vedremo al cinema nel road movie “Drive Me Home” di Simone Catania con Marco D’Amore, sull’amicizia maschile fra due ragazzi cresciuti in un paesino siciliano, che si rincontrano dopo 15 anni. Sarà una storia d’amore?

«Nel film c’è una parte di omosessualità, che non riguarda però i due protagonisti. L’argomento Lgbt è proprio uno dei motivi per cui Marco e io abbiamo accettato il film: più se ne parla, meglio è. L’amore omosessuale fa parte con serenità della vita di tantissime persone, e quindi anche della nostra. Non dovrebbe essere visto al cinema come un tema straordinario».

Il 1° agosto uscirà il film “Dolcissime” di Francesco Ghiaccio, con un altro tema importante: il percorso di autoaccettazione di tre adolescenti con qualche chilo in più…

«Sì, un film con una grazia straordinaria e una storia importante, in un mondo omologato dove, se non si corrisponde all’idea di bellezza dell’immaginario collettivo, si è subito emarginati o derisi».

Tempo fa ha dichiarato di essersi iscritto nuovamente alla Facoltà di Beni Culturali…

«Studiare e restare curioso di tutto è l’unica guerra che mi sento di combattere. Oggi c’è un comprensibile malessere diffuso, e spesso chi ha situazioni difficili si lamenta su internet sentendosi distante da chi fa cultura. È un paradosso: quelle persone potrebbero usare internet con le stesse opportunità di tutti, per esempio per leggere qualsiasi libro, da Omero in poi. È importante affermare l’idea che la cultura e l’arte sono appannaggio di tutti. Qualsiasi rivoluzione nasce dagli strati più bassi della società, e quasi sempre con una rivoluzione culturale. Le rivoluzioni senza cultura hanno sempre portato a qualcosa di nefasto». —
 

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